Pagine

domenica 18 giugno 2017

Spaghetti crudisti di zucchine con pesto e pomodorini.





C’è chi ama ricevere fiori dal proprio innamorato, io preferisco di gran lunga ricevere cibo e conoscendomi ieri il mio compagno mi ha comprato delle magnifiche zucchine biologiche con le quali ho preparato un piatto decisamente estivo, idratante, fresco con ingredienti di stagione. Le zucchine sono ortaggi molto ricchi di acqua quindi molto indicati in estate. Il loro sapore delicato si sposa molto bene con quello più deciso e profumato del pesto. L’aggiunta di pomodorini dà una nota colorata e gustosa a questo piatto. La preparazione è facilissima e velocissima, senza cottura. Una volta conditi gli spaghetti vanno serviti immediatamente perché, essendo le zucchine molto ricche di acqua, perdono la loro freschezza.

Ingredienti:

  • 4 zucchine medie
  • 6 cucchiai pesto
  • 10 pomodorini di Pachino tagliati in pezzi
  • sale e pepe macinato fresco
  • Foglie di basilico per decorare
Ingredienti per il pesto:

  • 25 gr di foglie di basilico 
  • 50 ml di olio extravergine d'oliva 
  • 35 gr di parmigiano reggiano da grattugiare 15gr di pecorino da grattugiare 
  • 8 gr di pinoli
  • 1/2 spicchio d'aglio
  • 1 pizzico di sale grosso.
Prima di tutto preparate il pesto: mettete tutti gli ingredienti nel bicchiere del minipimer ed emulsionante fino a formare una crema.

Lavare le zucchine, tagliare le estremità. Preparare gli spaghetti usando l’apposito affetta verdure per tagliare le verdure a julienne.
In una ciotola condire gli “spaghetti” con 5 cucchiai di pesto e i pomodorini. Salare e pepare a piacere.
Disporre gli spaghetti su un piatto di portata, decorare con del pesto e basilico.



  Song: "1969" The Stooges



Il punk fu inventato nel 1969 e non a New York né tantomeno a Londra  ma nella città industriale per eccellenza, capitale dell'industria automobilistica, che svela il suo cuore di tenebra, marcio e nichilista, diventando punto di riferimento per una generazione di proto-punk affamati di sesso, droga e rock'n'roll: Detroit. E' proprio a Detroit che nascono gli Stooges, gruppo guidato dal frontman James Jewel Osterberg alias Iggy Pop che sul finire degli anni Sessanta cambiò il corso della storia della musica, proponendo una personale rivisitazione del rock degli anni sessanta (Hendrix e i Doors) esasperandone la componente decadentista e sguaiatamente disperata. Debuttano nella notte di Halloween del 1967. Ed è proprio il carisma del frontman ad attirare una folla di curiosi alle loro prime esibizioni. Iggy Stooge - come fa chiamare - è un animale da palcoscenico, un pazzo che incendia la platea ricorrendo a ogni forma di esibizionismo, comprese forme di autolesionismo selvaggio. Durante i live non di rado si procura ferite sul petto e sulle braccia; e c'è chi lo ritiene il vero inventore dello stage diving .
Danny Fields dell'Elektra in quel 1968 è a Detroit per ingaggiare gli Mc5 (amici e grandi sostenitori degli Stooges) e quando li vede dal vivo rimane folgorato per la potenza del suono e l’impatto della band sul pubblico. E un anno dopo, nell’agosto del 1969, esce The Stooges, il loro primo album. A produrlo, viene chiamato John Cale, ormai in rottura con i Velvet Underground. Questo album li catapulta nella scena musicale americana come un fulmine a ciel sereno negli anni del festival di Woodstok e del "Flower Power". E’il manifesto della noia e dell'insoddisfazione generazionale cui la band si fa portabandiera, una caduta senza appigli all’inferno, dove non c'è alcuna speranza di salvezza o di auto-realizzazione. Tutto appare già chiaro fin dal primo riff di chitarra dell'album, quello che dà il via alla opening-track 1969 che rappresenta la frustrazione di una generazione di sconfitti ancora prima di nascere, una generazione “no future”, così come la nomineranno poi i Sex Pistols, quasi un decennio dopo; tutta l'insoddisfazione della band è rappresentata divinamente dalla voce sguaiata di Iggy Pop che pronuncia con disillusione la frase culminante: “It's another year for me and you/Another year with nothing to do“. Con il secondo pezzo si toccano gli apici della depravazione e della ricerca di un'anarchia autodistruttiva: I Wanna Be Your Dog è il manifesto perfetto del punk-prima-del-punk, una canzone violentissima caratterizzata da un riff paurosamente compatto e ipnotico. Il pezzo esplode con il furente ritornello che ripete per tre volte di fila, con rabbia sempre maggiore, l'aspirazione di Iggy a ridursi ad un oggetto di sfogo sessuale. Il terzo brano dell'album, We Will Fall spezza il ritmo e di fatto fa da spartiacque del disco. E’ un pezzo lungo dieci minuti che ricorda i deliri di Morrison: sembra di essere in mezzo ad una seduta spiritica nella quale l'”Iguana” è un medium inquietante che ci racconta le sue aspirazione di uno squallido amore consumato nella stanza 121 di un motel, chiudendo il brano con una frustrante considerazione: sono le sei del mattino, è tempo di chiudere questa parentesi amorosa e di ritornare alla noia di tutti i giorni, addio. Si ritorna al punk con No Fun, tanto è vero che i Sex Pistols chiusero il loro ultimo concerto proprio con questa cover: nella prima parte della canzone Iggy, sempre supportato strumentalmente dai suoi degni accompagnatori, ci mostra l'inutilità e la disperata solitudine del genere umano (“Nessun divertimento ad andare in giro/Sentendosi sempre allo stesso modo. Real Cool Time ci riprta al desiderio amoroso, o meglio sessuale dell’iguana, il quale ulula la sua brama di fissare un appuntamento: lo stesso concetto si ripete per tutta la canzone, per mettere in risalto la disperata ricerca di emozioni che alla fine si risolvono sempre in un circolo vizioso, quello dell'insoddisfazione che lo porta alla  continua ricerca di emozioni e della continua disillusione di essi. Con Ann i toni si smorzano e Iggy Pop ritorna a fare il Jim Morrison, anche per quanto riguarda le liriche: è pura poesia, anche se si intravede sempre in qualche modo la frustrazione di un desiderio che non potrà mai appagare fino in fondo sé stesso (“Ho guardato dentro i tuoi gelidi, gelidi occhi/Mi sono sentito così bene, così bene/Ho galleggiato nelle tue piscine/Mi sono sentito così debole, così triste”). Il tema dell'amore non corrisposto e della disillusione dei desideri insiti nella natura umana ritorna anche nella seguente Not Right, nella quale Iggy con il solito tedio pronuncia svogliato le solite rime di desolazione (“Voglio qualcosa, vogli qualcosa questa notte/Ma lei non puoi aiutarmi perchè non è a posto/No, no, no, no/E' sempre, è sempre la stessa menata”). Lo stesso tema conclude anche l'album in un apice di depravazione e degenerazione, quella Little Doll in cui Iggy narra il suo massimo momento di realizzazione, una nottata passata con una “bambolina”, una prostituta, unico spicchio di felicità (apparente) in una vita caratterizzata da frustrazioni e insoddisfazioni. Il disco è finito, il braccetto torna al suo posto e ti accorgi di aver ascoltato  34 minuti e mezzo di pura energia distruttivamente punk ..lunga vita a Iggy, lunga vita agli Stooges!


1 commento: