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domenica 29 aprile 2018

Orecchiette "core de Roma"!



Questa domenica una ricetta che mi ricorda la mia città preferita, Roma..e nell'altro piatto gira una donna che Roma l'ha cantata meglio di chiunque altro: Gabriella Ferri.

Ingredienti:

  • 500 gr di orecchiette
  • 1 broccolo
  • 10 fiori di zucca
  • 10 filetti di acciughe sott'olio
  • 6 pomodori pizzutelli
  • 1 mozzarella fior di latte
  • 2 spicchi d'aglio
  • olio extravergine d'oliva
  • sale 
  • peperoncino sminuzzato.
Mettere a bollire l'acqua salata per la pasta. Lavare il broccolo e tagliarlo a pezzi, poi metterlo a cuocere nell'acqua per la pasta. Lavare i pomodori e tagliarli a pezzetti. Mettere a soffriggere l'aglio tagliato a fettine in una padella con l'olio d'oliva extravergine, aggiungere i filetti d'acciughe , i pomodori e sfumare il tutto con mezzo mestolo di acqua di cottura dei broccoli. Abbassare la fiamma e lasciare cuocere per cinque minuti. Quando i broccoli saranno cotti travasarli nella pentola con il condimento e amalgamare il tutto. Mettere a bollire le orecchiette. Una volta cotte scolarle e saltarle in padella con gli altri ingredienti, aggiungendo i petali dei fiori di zucca, il peperoncino  e la mozzarella tagliata a pezzetti...

Song: "Stornelli Antichi" Gabriella Ferri



Pur non essendo romana di nascita ogni volta che vado a Roma mi sento a casa : ho un compagno romano e tanti amici che mi fanno sentire la benvenuta ogni volta che li vado a trovare. Se penso a Roma mi vengono subito in mente la focaccia con i fiori di zucca, le alici e la mozzarella mangiata nel bar all’ombra di Porta San Pancrazio,  dietro al Gianicolo;  il maritozzo con la panna per colazione da “I dolci di Checco er Carettiere” a Trastevere e le passeggiate in scooter verso Testaccio cantando le canzoni di Gabriella Ferri. Gabriella era una potenza, un fuoco, con una personalità forte e una voce incredibile dietro alla quale si nascondeva una donna con grandi fragilità.
Nasce nel 1942 a Testaccio e la sua formazione musicale è stata influenzata dal padre, un ambulante con ambizioni artistiche che andava matto per gli stornelli e li ballava talmente bene che si era guadagnato l’appellativo de “Er mejio tacco de Roma”. Ma Gabriella e suo padre litigano di continuo e lei se ne va da casa, trovando lavoro a Piazza del Popolo. Qui conosce Luisa De Sanctis, figlia del famoso regista Giuseppe. Le due ragazze sono caratterialmente molto diverse: Gabriella è sfrontata mentre Luisa è più riservata ma assieme cantano che è una meraviglia ed eccole arrivare a Milano cantare stornelli romani  nei localini di Brera. Grazie alle conoscenze di De Sanctis incontrano Enzo Jannacci che le introduce all’Intra’s Derby Club. E ’qui che le nota il discografico Walter Guertler e  le mette sotto contratto per la Jolly. Poi arriva Mike Bongiorno, che le chiama per partecipare alla trasmissione “La fiera dei sogni”, dove cantano “La società dei magnaccioni”.
 La storia vuole che questa canzone popolare romana venne ascoltata per caso dalle due ragazze mentre passeggiavano nel mercatino  di via Sannio e ne furono talmente divertite che la vollero aggiungere al loro repertorio.
 Il secondo singolo, con la rielaborazione di "Ciuri, ciuri" e "Vitti 'na crozza", canzoni cult della tradizione siciliana, e quello successivo, contenente "La povera Cecilia" ed "È tutta robba mia", rappresentano la consacrazione. Ma per Luisa la vita della cantante è troppo stressante e quindi il loro sodalizio si scioglie .
Rimane Gabriella che pubblica nel 1966 il primo album omonimo, grazie al quale va in turnée in America con altri esponenti della scena folk italiana del momento. Entra a far parte del Bagaglino ed usciranno altri 15 gli album che spazieranno dalla tradizione musicale romana, napoletana, fino ad arrivare a suggestioni latinoamericane con “Remedios”, in cui traduce  “Gracias a la vida” l’inno di Violeta Parra, figura leggendaria della musica cilena.
 Nel 1969 Gabriella partecipa al Festival di Sanremo in coppia con Stevie Wonder cantando  Se tu ragazzo mio. La canzone viene eliminata dalla gara ma ha un buon successo di pubblico e quella resta l’unica apparizione di Gabriella alla kermesse.
Arrivano gli anni '70, quelli dei grandi varietà televisivi. Partecipa a "Senza rete" e le fanno condurre "Dove sta Zazà" e “Mazzabubù” dove può dimostrare il suo talento a 360 gradi, tenendo testa a comici ormai di successo come Pippo Franco ed Enrico Montesano . Sono rimasti indelebili nella nostra memoria gli “stornelli a dispetto” con Caludio Villa, in cui i  due  si "sfidavano" e si "punzecchiavano" tra gli accorati testi e le appassionate note della tradizione romanesca, con la Ferri nelle vesti di "Mamma Roma" capace di tenere perfettamente testa all'esuberanza del suo partner.  Nel 1975 muore suo padre e la Ferri entra in uno stato di profonda depressione da cui non si sarebbe più ripresa, arrivando a tentare il suicidio. Escono altri due album, uno scritto da Paolo Conte ma non riescono ad eguagliare il successo dei precedenti. Torna in tv cantando la sigla di “Biberon”, programma che segna il ritorno del Bagaglino. E quella è la sua ultima apparizione televisiva. Si allontana dalle scene e il 3 aprile 2004 Gabriella Ferri ci lascia cadendo da una finestra della sua casa di Corchiano, in provincia di Viterbo. La famiglia ha sempre smentito le voci relative a un possibile suicidio ,privilegiando piuttosto l'ipotesi del malore, provocato semmai dai medicinali antidepressivi assunti. A me resta  la certezza che Gabriella ci ha lasciato la potenza assoluta della sua voce, riuscendo ad interpretare la bellezza della musica popolare italiana meglio di chiunque altro.


domenica 22 aprile 2018

Spaghetti integrali primaverili!



L'arrivo della primavera e del caldo è il momento migliore per gustare piatti freschi e colorati e questa domenica mi è venuta voglia di preparare una pasta integrale con peperoni, asparagi, feta e mandorle, ascoltando una delle mie cantanti preferite!

Ingredienti:

  • 350 gr di spaghetti integrali
  • 1 peperone giallo
  • 1 peperone rosso
  • un pomodoro
  • 1 mazzo di asparagi
  • 2 scaologni
  • 100 gr di feta
  • 50 gr di mandorle
  • olio extravergine d'oliva
  • sale

Pulire tutte le verdure. tagliare gli asparagi a pezzetti e metterli a bollire in acqua salata per 10 minuti.  Tagliare i peperoni a cubetti eliminando i semi, lo scalogno a fettine sottili, il pomodoro a pezzetti e trasferire tutto in padella con olio extravergine d'oliva e sale. Cuocere a fuoco basso per 15 minuti aggiungendo gli asparagi a  metà cottura. Mettere a bollire l'acqua per la pasta. tritare le mandorle.  Quando i peperoni saranno morbidi aggiungere la feta sbriciolata e amalgamare tutto. Quando la pasta sarà cotta farla saltare in padella nel condimento preparato per qualche secondo, poi servire e spolverare con la granella di mandorle.

Song: "Whole Lotta Love" Tina Turner



Questo album è sorprendente. Acid Queen è il secondo album da solista di Tina Turner, pubblicato nel 1975 per EMI nel Regno Unito e negli United Artists negli Stati Uniti.ed è un album immensamente divertente dall'inizio alla fine. Nel 1974, Tina partecipa alle riprese del musical Tommy, basato sull'omonimo concept album degli Who, in cui interpreta The Acid Queen, una prostituta che usa LSD come stimolo sensoriale. “Sono garantita per sconvolgere l’anima” cantava Tina a uno spaventato Roger Daltrey. E questa donna l’anima riesce davvero ad incendiarla, con la sua incredibile voce.” Under My Thumb” e “Let's Spend The Night Together”, entrambe le canzoni dei Rolling Stones firmate da rockstar come Jagger / Richards sono rese completamente nuove da Tina, come per “I Can See For Miles”, una canzone originariamente degli Who pubblicata in precedenza per  Tommy. “Whole Lotta Love”, un brano dei Led Zeppelin è trasformato in un sensuale  quasi "groove porno" assolutamente rock nelle mani di Tina. Alcune composizioni di Ike Turner appaiono anche qui: “Baby Get It On”, l'ultimo successo di Ike & Tina, “ Bootsy Whitelaw”, “Rockin '& Rollin'”,” Pick Me Tonight” tutte cantate con quell’energia contagiosa che non ti fa star fermo mentre le stai ascoltando . Contiene anche la straordinaria cover di “I’ve been loning you too long” di Otis, che Tina interpreta con grande sensibilità. Se qualcuno dovesse mai dire che le donne nere non possono fare Rock, ascoltando "Acid Queen" cambierebbe idea. Acid Queen non solo ha dimostrato che Tina è stata la vera forza  del duo con Ike, ma ha anche prefigurato la brillante seconda fase della sua carriera.

domenica 15 aprile 2018

Torta di borragine e bieta.





Il  territorio ligure in questa stagione è ricco di borragine, una pianta caratteristica per i fiori blu e le foglie ricoperte da una sottile peluria. I fiori e le foglie sono entrambi commestibili, ma è preferibile mangiare, soprattutto quest’ultime, cotte, sia per eliminare facilmente la peluria, sia per non rischiare un’intossicazione del fegato: sembra infatti che le foglie, a crudo, presentino sostanze epatossiche. La borragine può essere trattata come gli spinaci e le biete e questa domenica ho pensato di prepararvi proprio una torta di borragine e bieta.

Ingredienti:
700 g di bieta
100 g di foglie di borragine
40 g di parmigiano grattugiato
3 uova
20 g di burro
250 g di ricotta
2 porri
2 cucchiai di latte
5 cucchiai di olio extravergine di oliva
sale

Per la pasta
250 g di farina
1 cucchiaio di olio extravergine di oliva
sale

 Preparare la pasta: lavorare a lungo la farina setacciata con l’olio extravergine di oliva, unire anche 1/2 bicchiere scarso di acqua e un pizzico di sale. Impastare fino a che gli ingredienti non saranno amalgamati, quindi modellare una palla, avvolgerla in un foglio di pellicola trasparente e farla riposare per 1 ora. Nel frattempo, pulire la bieta e farla scottare per qualche minuto in acqua bollente e salata, poi scolarla, strizzarla e tagliarla grossolanamente.  Tritare i porri mondati e farli soffriggere in una padella con 4 cucchiai di olio extravergine. Unire la bieta e farla insaporire mescolando. Lasciar raffreddare, unire le uova sbattute, la ricotta, la borragine pulita e tagliata grossolanamente, il parmigiano, aggiustare di sale e mescolare per ottenere un composto omogeneo.  Imburrare uno stampo a cerniera, foderarlo con un disco di pasta  e riempirlo con il ripieno. Chiudere i bordi della torta e spennellarli con il latte. Infornate a 180 °C per circa 40 minuti.

Song: " Feelin' Good" Nina Simone.




Nina Simone è stata una delle più grandi cantanti e autrici della storia della musica, probabilmente l’unica a esprimersi ai massimi livelli sia nel jazz sia nel blues, soul, folk, pop, o qualsivoglia genere musicale che le fosse vicino per sensibilità e radici culturali. Ma non tutte le storie sono fiabe e la vita di Nina Simone ne è la dimostrazione. La sua potente voce l'ha portata in giro per il mondo ma nonostante il suo successo,la Simone ha faticato enormemente per raggiungere lo status leggendario che ha oggi. Da bambina, il suo sogno non era quello di diventare una famosa musicista jazz. In realtà, voleva essere una pianista da concerto, adottando il suo stile da suoni come Beethoven e Brahms. Sperava persino di essere la prima concertista afroamericana.  Tuttavia, il mondo aveva altri piani per lei. I soldi nella sua famiglia erano pochi, e arrivò il momento in cui non poteva più permettersi una scuola di alto livello come la Julliard. Di conseguenza, Nina lasciò il prestigioso college e tornò a casa. Immagina di essere in grado di entrare in una scuola di musica estremamente competitiva solo per dover rinunciare a causa di fondi insufficienti. Questo era uno dei tanti ostacoli che Nina si è trovata a dover superare. Mentre era a casa, Nina non ha abbandonato la sua passione per la musica. Poiché il denaro scarseggiava,  iniziò a dare lezioni di musica agli studenti del suo quartiere. Dopo aver insegnato per qualche tempo, decise di provare a promuovere la sua educazione musicale. Per fare questo, ha presentato una domanda al Curtis Institute of Music ma gli è stato negato l’accesso a causa della sua razza : era una donna di colore che cercava di farsi un nome quando tutti intorno a lei volevano che lei tacesse. Questo è uno dei motivi per cui , una volta arrivata al successo, Nina Simone si è trovata coinvolta nel movimento per i diritti civili e ha usato la sua musica per elevare i neri in tutto il paese e in tutto il mondo. Sebbene fosse stata discriminata a causa della sua razza, Nina era molto orgogliosa di essere nera e di creare canzoni con testi di empowerment e rivoluzione. L’attentato del 1963 a una chiesa di Birmingham rappresenta uno dei punti di svolta della carriera di Nina Simone. Ha scritto “Mississipi Goddam” come forma di protesta e la canzone l’ha trasformata in qualcosa di molto raro, ai tempi: una cantante nera che raccontava i movimenti dei diritti civili. Mentre tutti gli attivisti iniziarono ad apprezzare Nina Simone, le stazioni radiofoniche mostrarono tutto il loro disappunto non solo censurando “Mississipi Goddam” dalle loro trasmissioni , mandando indietro i dischi spezzati a metà.Dal momento in cui Nina Simone ha iniziato a focalizzare le sue energie sui movimenti per i diritti civili, capitava spesso di sentirle dire sul palcoscenico cose come: “Siete pronti a uccidere per la causa, se necessario?”. L’artista non ha mai nascosto quello che pensava, nemmeno a Martin Luther King, a cui una volta disse:  “Io non sono contro la violenza» e lui le rispose «non c’è problema sorella. Non devi esserlo».  Quel sentimento di estraniazione e di contrastata ambizione è ampiamente leggibile in tutta la sua opera così come la sua spasmodica ricerca d’amore, avversata da ruvide violenze da parte del marito Adrew Strudd e dalle sue di violenze, nei confronti della figlia.. Non sorprende che i dualismi che hanno marchiato a fuoco la sua esistenza l’abbiano portata da un lato alla gloria per via di una musicalità, una potenza e una capacità forse anche spaventosa di rendere l’essenza stessa di una canzone; dall’altro verso una follia quasi inevitabile che la portò a vere crisi maniaco depressive che sfociarono in una dagnosi di disturbo bipolare Una sensibilità esasperata e tormentata si è riflessa dunque su tutto, travolgendo gli animi, le cose, i rapporti umani, la carriera artistica tra splendori eccelsi e miserie inenarrabili. Di sicuro la sua integrità di donna e di artista l’ha trascinata verso la purezza della sincerità assoluta di fronte alla musica, al cospetto dell’esistenza.


domenica 8 aprile 2018

Parmigiana di peperoni gialli, melanzane e zucchine.



Ieri mattina durante una passeggiata in paese sono passata davanti al verduraio e i miei occhi si sono soffermati per qualche minuto su una cesta di peperoni gialli bellissimi..ed è nata l'idea per il piatto di questa domenica: una parmigiana di peperoni, melanzane, zucchine e patate. Ho voluto apportare una variante alla ricetta classica: non ho fritto le verdure ma ho usato due metodi di cottura diversi, la piastra e il forno e questo ha reso il piatto molto più leggero!

Ingredienti:

  • 2 melanzane
  • 2 zucchine
  • 2 peperoni gialli
  • 1 patata grande
  • 500 gr di passata di pomodoro
  • 1 cipolla
  • 100 gr di parmigiano grattugiato
  • 2 mozzarelle
  • sale, pepe
  • olio extravergine d'oliva

Accendere il forno a 200°. Lavare tutte le verdure. Tagliare le melanzane a fette alte mezzo cm, cospargerle di sale e lasciarle spurgare per un'ora. Soffriggere la cipolla tritata con un po' d'olio, unire la passata , un pò di sale, un pizzico di zucchero e cuocere per 20 minuti. Tagliare le zucchine a fette alte mezzo cm e grigliarle. Cuocere allo stesso modo anche le melanzane lavate e asciugate. Tagliare i peperoni a fette e metterli su una lacca da forno ricoperta da carta forno, condirli con un filo d'olio, sale e pepe e infornare per 20 min. Pulire la patata e tagliarla a strisce sottili con il pelapatate. Mettere a bollire le strisce ricavate in acqua salata per 15 minuti. Quando tutte le verdure saranno cotte potete decidere di fare un' unica parmigiana o tante piccole porzioni, come ho fatto io, utilizzando degli stampini. In entrambe i casi procedere in questo modo: irrorare il fondo della teglia scelta con un po' di sugo di pomodoro, distribuire uno strato di mozzarella, un cucchiaio di parmigiano, melanzane, zucchine, patate, peperoni, sale e pepe, un po' di grana grattugiato,  altro sugo e qualche fettina di mozzarella. Continuare a strati fino a esaurire gli ingredienti e terminare con abbondante grana. Irrorare il tutto con un filo d'olio e cuocere in forno a 180° per 40 minuti.

Song: " Jimmy The Exploder"



Nel 1994 Megan Martha White serve da bere in un bar di Detroit, John Anthony Gillis la vede ed è amore a prima vista. Due anni dopo si sposano e John decide di prendere il cognome di lei, trasformandosi, così, nel suo alter ego più famoso, Jack White. Meg inizia a suonare la batteria per gioco e qualcosa scatta nella testa di Jack..Nascono, così, gli White Stripes. Nel 1999, Jack e Meg White pubblicarono il loro album di debutto omonimo,dedicato a Eddie James "Son" House, Jr, figura predominante del genere delta blues e introducendo un nuovo ed esplosivo mix di punk, blues e garage rock. Jack ha descritto l'album come "..il disco più sonoro, il più potente e il più vicino al suono di Detroit che abbiamo fatto”. Alcune band hanno bisogno di fare 2-3 album prima di trovare il sound giusto,  maturo e vendibile. “ The White Stripes” è una di quelle eccezioni che confermano la regola: parte "Jimmy the Exploder" e ti troverai a fare  headbang involontariamente.. la canzone è incredibilmente accattivante,  il riff principale, per quanto semplice, è geniale, e non sarai in grado di tirarlo fuori dalla testa.  Jack White era già molto bravo a suonare la chitarra quando hanno registrato questo album usa un sacco di inflessioni intenzionali dei toni , c'è una grande varietà di timbri tra cui twangy, scratchy, nasale e percussivo. Il drumming di Meg è semplice e ha un ritmo leggermente imperfetto. L'intero album suona come se Jack White fosse nel tuo garage  in un caldo pomeriggio domenicale, con un amplificatore e ti regalasse una sessione live assieme alla sua  Meg .La registrazione sembra asciutta, con poca eco. Ci sono alcuni sibili e graffi, come ci si potrebbe aspettare su un disco in vinile di 20 anni fa. Questo perchè l’album  viene registrato interamente nell'appartamento degli White, conferendo al tutto un approccio lo-fi. Il disco è in sostanza un’omaggio rock-garage  di Jack White a quel blues degli anni ’30 che tanto ama, e questo emerge in pezzi come "Stop Breakin' Down", cover di Robert Johnson. Nel disco emergono anche brani alla Led Zeppelin, come "Suzy Lee" o  "Sugar Never Tasted So Good" o “John the Revelator”. E poi si passa al rock’n’roll anni ’50 con  "Wasting My Time".  "Astro", "Broken Bricks" e "When I Hear My Name" ti stravolgono per portarti ad un’altra cover:  "One More Cup Of Coffee", di Bob Dylan che ti fa rallentare i battiti per qualche minuto..l’album si conclude con un blues languido, "I Fought Piranhas", lasciandoti la voglia di continuare nella scoperta degli album di quello che per me è uno dei pochi geni nel panorama musicale degli ultimi vent’anni.