Per questa ricetta ho usato il pane chapati, tipico della cucina indiana. Si trova al supermercato ed è veramente buono e si sposa benissimo con l'hamburger di ceci..
Ingredienti:
- 300 gr di ceci bolliti
- 2 cucchiaini da te di thaini
- 1 cucchiaio da te di curcuma macinata
- 1 cucchiaio da te di zenzero macinato
- 1 scalogno
- 1 peperone
- insalata mista
- 2 cucchiai da tavola di olio extravergine d'oliva
- 1 avocado maturo
- Pane di neem (o panini per hamburger)
Per prima cosa, abbrustolire il peperone sulla fiamma, riporlo in un sacchetto di plastica per alimenti, chiudere il sacchetto e lasciare intiepidire. Una volta tiepidi, pelare il peperone, pulirlo e tagliarlo, condirli con del sale ed un filo d'olio e lasciarlo da parte. Sbucciare e tagliare l'avocado a fette sottili, condurlo con olio, sale e succo di limone. Frullate, con un frullatore ad immersione, i ceci bolliti (scolati dall'acqua di cottura), lo scalogno, la salsa Tahini, il succo di mezzo lime, la curcuma, l’olio e lo zenzero fino ad ottenere un composto solido. Con l’impasto ottenuto formate 4 hamburger, che cuocerete in una bistecchiera ben calda. Scaldate il pane chapati per qualche secondo, piegato e ripitelocon una foglia d’insalata, l’hamburger di ceci, i peperoni grigliati e le fette d'avocado tagliate sottili...
Classic rock, psichedelia 60's e la sana schiettezza dei 90: la band capitanata dal biondo Crispian Mills ha saputo assemblare il meglio del passato e del suo presente, avvolgendolo nelle fascinose atmosfere del misticismo indiano.
A onor del vero, i Kula Shaker non erano esattamente dei pivelli quando la macchina da soldi del britpop aveva iniziato a essere tale. Crispian Mills – chitarrista e cantante londinese, figlio della celebre attrice Hayley Mills e del regista Roy Boulting, nonché nipote di sir John Mills, peso massimo della scena teatrale inglese – incontra il bassista Alonza Bevan al College di Richmon upon Thames, nel sud-ovest della capitale. Siamo tra il 1988 e il 1989: i due imbastiscono una band di nome Objects of Desire, completata da Markus French alla batteria e Leigh Morris alla chitarra ritmica, oltre a Marcus Maclaine alla voce. L'esperienza dura l'arco di un lustro, nel quale il quintetto riesce a esibirsi diverse volte dal vivo nei locali dei sobborghi londinesi.
Nel 1993, alla chiusura del progetto musicale, Crispian Mills si imbarca in un lungo viaggio in India: resta profondamente colpito dalla cultura del paese e dalla spiritualità induista, influenze che resteranno decisive per l'intero arco della sua successiva carriera artistica. Carriera che riparte non appena tornato in Inghilterra, allorché dà vita ai The Kays, per i quali ingaggia il fido Bevan, il batterista Paul Winter-Hart (che nel 1991 era subentrato a French), il cugino Saul Dismont alla voce. Quest'ultimo resterà ben poco nella band: dopo circa un anno subentra l'organista Jay Darlington e Mills si prende per sé il microfono.
The Kays durano lo spazio di un paio d'anni, comunque utili a cristallizzare la formazione e conferirle una direzione univoca: un rock psichedelico (tra Byrds e i primi Pink Floyd) e dai richiami “classici” (vedi i vari Jimi Hendrix, Led Zeppelin e Cream) che veicola il pop britannico verso quelle sonorità orientaleggianti che in passato avevano già rapito i Beatles e George Harrison in testa. Ed è proprio in ragione di tale percorso che, nel 1995, Mills decide di cambiare il nome del progetto in Kula Shaker, sigla che omaggia il santone indiano King Kulashekhara.
Ce n'è quanto basta per ingolosire quelli della Columbia Records, che assistono alla vittoria dei Kula Shaker a un importante concorso per band emergenti (partecipano pure i Placebo) e decidono di mettere subito sotto contratto Mills e soci.
La scelta viene ben presto ripagata. Nell'attesa di pubblicare l'album di debutto, vengono buttati fuori un paio di singoli dall'opera ventura. Il primo, nella primavera del 1996, è “Grateful When You're Dead/Jerry Was There”. L'omaggio – tutt'altro che nascosto – a Jerry Garcia, scomparso l'anno precedente, è un brano dalla doppia faccia: esuberante la prima, all'insegna di un funk-rock d'ispirazione classica, mentre dalla metà circa in poi ci si tuffa in una psichedelia sixties che porta il tutto verso territori onirici. Nel settembre del 1996 esce anche il secondo singolo, “Tattva” (il titolo è in sanscrito), che diventerà uno dei brani-simbolo della formazione londinese e contiene già tutti gli ingredienti essenziali del sound dei Kula Shaker: il groove chitarristico va di pari passo con la componente spirituale e un vivace retrogusto psichedelico (compare anche il mellotron), sfociando in un ritornello tanto melodico quanto trascinante. Dopo l'uscita del disco, il singolo toccherà il numero 2 della chart britannica.
I riferimenti all'India e alla sua cultura sono ancora più espliciti in “Govinda”, pubblicato come singolo dapprima in estate e poi nel novembre dello stesso anno e destinato a diventare l'unica canzone cantata interamente in sanscrito a entrare nella top 10 britannica di tutti i tempi (raggiunge la posizione numero sette). Si tratta di una rielaborazione musicale di una preghiera a Krishna, e tra gli strumenti impiegati figurano il tambura suonato da Mills e la tabla di Himangsu Goswami. “Govinda” è il momento trascendentale dell'album, un mantra scandito sopra un midtempo rock, l'India di George Harrison ammantata da un sincero entusiasmo mid-nineties.
Nel frattempo, il 16 settembre del 1996 esce l'album d'esordio K. La copertina firmata dal fumettista Dave Gibbons raffigura i volti di numerosi personaggi veri o inventati accomunati dalla lettera K: da John F. Kennedy a Martin Luther King, passando per Kareem Abdul-Jabbar e... King Kong.
K vende quasi un milione di dischi nella sola Inghilterra e balza immediatamente al primo posto della classifica nazionale. I Kula Shaker portano sul mercato discografico una ventata d'aria fresca attraverso un sound che mescola psichedelia sixties, rock seventies e spezie coloniali.
Atipici e a loro modo classicisti, i Kula Shaker aprono una nuova strada nel pop britannico semplicemente guardando indietro anziché al proprio fianco.
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