- Ingredienti:
- 100 gr di funghi
- 50 gr di zucca
- 1/2 peperone rosso
- 1/2 peperone giallo
- 100 gr di broccoli
- 1 spicchio d’aglio
- Olio extravergine d’oliva
- 100 g di panna di soia
- Un rotolo di pasta sfoglia
- 10 gherigli di noci spezzettati
Pulite e asciugate le verdure e tagliate i peperoni a listarelle, i funghi a fette la zucca a cubetti e i broccoli a piccoli ciuffi. Tagliate anche l’aglio a fettine. Trasferite tutto in una padella , aggiungete un filo d’olio e fate cuocere a fuoco medio per 10 minuti. Regolate di sale e di pepe e lasciate raffreddare. Mescolate metà del composto con la panna di soya e i gherigli di noce spezzettati. Disponete la pasta sfoglia in piccoli stampi da quiche ricoperti di carta da forno bagnata e strizzata (o in un unico stampo grande da torta) riempiteli con il composto unito alla panna di soya, per formare una base e poi unite le altre verdure usando le strisce di peperone per formare delle piccole strisce sopra le mini quiche. Infornate a 180°C per circa 20 minuti.
Gli Small Faces sono da sempre una delle mie band preferite,un pezzo significativo di storia del pop inglese degli anni sessanta. Nascono nel giugno del 1965 dall’incontro tra gli East London, un trio composto dal chitarrista Ronnie Lane, il batterista Kenny Jones e il tastierista Jimmy Winston con il giovane vocalist e chitarrista Steve Marriot. I quattro ragazzi hanno una caratteristica comune: sono alti tutti intorno al metro e sessantacinque, da cui poi il nome. Nell’ottobre dello stesso anno firmano un contratto con la Decca per registrare nel 1966 la loro prima pietra miliare: Small Faces. Grazie anche al singolo “Watcha Gonna Do About It”,già registrato dai Drifters, gli Small Faces conquistano il favore del pubblico giovanile britannico e, in particolare, della frangia numerosa dei Mods che imperversavano in lungo e largo nell’Inghilterra di quegli anni. Più tardi Ian Winston viene sostituito alle tasterie da Ian McLagan, già nei Boz and the Boz People. Kenny Jones (il batterista) ricorderà che “la permanenza di Jimmi (Winston) negli Small Faces era dovuta soprattutto al fatto che questi possedeva un furgone, un vecchio Black Maria. Ma la cosa fondamentale era rappresentata dal fatto che i genitori di Jimmi gestivano un locale, il Ruskin Arms in Manor Park, dove noi potevamo suonare. A parte questo, Jimmi come musicista era terribile...”. Intanto tra i singoli del primo LP spunta un’altra perla “Sha La La La Lee” che raggiunge la terza piazza delle charts inglesi in piena beatlesmania. Nel 1967 il gruppo cambia etichetta, ma la Decca decide comunque di pubblicare una raccolta, “From the Beginning”, che mette insieme versione alternative e singoli inediti degli Small Faces. Nuova etichetta e nuovo produttore, il mago Andrew Loog Oldham che annoverava tra le sue scoperte, niente meno che i Rolling Stones. Sotto la guida di Oldham, gli Small Faces affinano il loro sound. Esce nel 1967 per la Immediate il terzo album e si chiama ancora Small Faces. Le sonorità sono più ricercate, l’energia è sempre la stessa e soprattutto la verve di Marriott appare immutata. Il risultato di cassetta è però sorprendente: nell’aprile del 1968 tre singoli nella top ten (“Itchycoo Park”, “Tin Soldier” e “Lazy Sunday”). "Tin Soldier" la scrive Marriott per la donna che insegue e sulla quale vuol fare colpo, Jenny Rylance, una modella che un giorno diventerà sua moglie.”Sono il soldatino di latta che un giorno si è tuffato nel tuo fuoco”, È davvero pezzo straordinario, romantico e potente allo stesso tempo. Una vera e propria consacrazione per il gruppo londinese nato come “mod band” e trasformatosi nel tempo in una realtà musicale che coniugava, ad alti livelli, il soul bianco e la psichedelia. E’ questo il periodo migliore. La band sbarca con i suoi album anche negli States dove trova buoni consensi. Nel giugno del 1968 esce “Ogdens’ Nut Gone Flake”, l’ultimo episodio in studio dei primi Small Faces. L’ LP (dalla copertina tonda) rimarrà in testa alle classifiche inglesi per 6 settimane. Nell’ottobre del 1968 arriva il momento della verità. Gli Small Faces partono per un tour negli Stati Uniti insieme agli Who per affiancarsi a Joe Cocker. Durante la tournee si unirà al gruppo per una session improvvisata il giovane chitarrista degli Herd, Peter Frampton. Da questo momento Marriott e Frampton incominciano a progettare una nuova band. L’eclettico cantante degli Small Faces si dichiara pronto per il grande balzo nel mondo del pop internazionale e sente sempre più stretta l’etichetta di “Re dei Mods”. La rottura ufficiale arriva nel febbraio del 1969. Dalle costole degli Small Faces nascono due nuovi gruppi. Come annunciato Peter Frampton e Steve Marriott danno vita agli Humble Pie. Lane, Jones e McLagan si uniscono a Ron Wood e a Rod Stewart, per formare i Faces nel giugno del 1969. La fine della giovane band è ben celebrata da un Album doppio antologico, The Autumn Stone. Nel 1976 un inaspettato revival, che riporta in classifica “Itchycoo Park”, convince Steve Marriott a riformare il gruppo con gli originari Jones e McLagan, e sostituendo Ronnie Lane con Rick Wills (Camel). Il risultato della reunion è deludente. Due album di scarso rilievo e grandi problemi contrattuali convincono il gruppo a sciogliersi definitivamente. Kenny Jones sostituirà Keith Moon negli Who, McLagan si affiancherà ai Rolling Stones in alcuni tour, Rick Wills si unirà ai Foreigners. Ronnie Lane, dopo lo scioglimento dei Faces si era avventurato in varie esperienze solitarie (alcuni dischi da solista), collaborando in fasi successive con Ron Wood e Pete Townshend. Agli inizi degli anni ’80 Lane è costretto a sospendere la sua attività perché colpito da sclerosi multipla. In suo aiuto verranno organizzati concerti pre raccogliere fondi a cui daranno il loro contributo, tra gli altri, Eric Clapton, Steve Winwood, Jeff Back e Jimmy Page. Nel 1983, la morte di Lane viene ricordata con un grande concerto alla Royal Albert Hall. Dopo l’ultimo scioglimento degli Small, Steve Marriot, con la band omonima, tornerà ai primi amori: concerti in piccoli pubs e session itineranti. “Non ho mai preteso di diventare famoso” disse Marriott poco prima di morire “Tutto quello che desideravo era avere i soldi per l’affitto, un lavoro che mi divertisse e un pò di soddisfazioni. Questo l’ho ottenuto e adesso sono più felice di quanto potessi immaginare”. Nell’aprile del 1991, appena tornato da un viaggio negli Stati Uniti e dopo una giornata di grandi bevute, Marriott tornò a casa e si addormentò con la sigaretta tra le dita, morendo nell’incendio che distrusse la sua abitazione. Note dolenti della fine di un gruppo che, se pur di breve durata ha segnato le pagine della storia della musica.
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