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mercoledì 14 dicembre 2016

Nidi di zucca con verdure piccanti alla curcuma


Questa è una ricetta semplice ma un po' lunga quindi vi consiglio di mettere su un disco che vi piace e  iniziare a sperimentarla tra i fornelli..io ho scelto "The Muffs"

Ingredienti:
  • 1 zucca 
  • 4 patate viola
  • 1 cavolo bronzino
  • 2 cipolle
  • 2 spicchi d'aglio
  • 1 peperoncino intero
  • 1 cucchiaino di curcuma 
  • 1 pezzo di zenzero
  • pepe, sale
  • olio extravergine d'oliva
Pulite la zucca togliendo la buccia e tagliatela in strisce lunghe il più possibile e alte almeno un cm. Con le strisce ottenute formate dei "nidi". Affettate la cipolla e tagliate lo zenzero e l'aglio in piccoli pezzi. Lavate il cavolo, sbucciate le patate e tagliate anche questi in piccoli pezzi. Fate rosolare il tutto in una padella con un filo d'olio a fuoco basso fino a che le verdure non si saranno ammorbidite un pochino. Aggiungete il peperoncino tagliato sottile, il cucchiaino di curcuma, il pepe e il sale. accendere il forno a 180°. Preparate un quadrato di carta stagnola o carta forno abbastanza grande da potersi chiudere a cartoccio e adagiatevi dentro il nido di zucca. riempitelo con un paio di cucchiai di verdure e richiudetelo delicatamente con la carta. Infornate per 15 minuti. Se volete provare una versione ancora più saporita potete aggiungere una fetta di provola piccante sopra al nido di verdure prima di chiudere il cartoccio...



Song: "Baby go round" The Muffs

                     

Ci sono gruppi che fanno capolino in un periodo della tua vita e la segnano con le loro canzoni..avevo diciannove anni e quello che sarebbe diventato il mio fidanzato dell'epoca mi registrò "The Muffs" in una musicassetta che ho conservato gelosamente fino ad oggi, nonostante mi sia ricomprata quell'album e i successivi! Fondendo i riff di chitarra, gli hooks pop, i ritmi veloci, e un atteggiamento che oscilla tra dolce e stizzoso, the Muffs  sono un gruppo pop punk di Los Angeles guidato dalla fantastica chitarrista, cantante e cantautrice  Kim Shattuck. La storia di comincia alla fine degli anni '80, quando Kim Shattuck e Melanie Vammen suonavano in giro per Los Angeles con le Pandoras; seguendo l’influenza della fondatrice Paula Pierce, le Pandoras cominciarono ad evolvere dal garage rock revival in un metal-influenzato dell’hard rock. Kim Shattuck lasciò il gruppo nel 1990, pochi mesi prima che la band si sciolse dopo la morte della Pierce dovuta ad un aneurisma cerebrale. Kim e Melanie decisero di mettere insieme una band tutta loro. Formarono the Muffs con il batterista Criss Crass e il bassista Ronnie Barnett. Dopo due single per la Sub Pop e Sympathy for the Records che suscitarono una grande approvazione nella scena underground, the Muffs sono stati chiamati dalla Warner Bros. Con cui usci il primo, bellissimo e potente album omonimo nel 1993. Poco dopo l’uscita dell'album Crass lasciò il gruppo e fu sostituito temporaneamente da Jim Laspesa per il tour. Infine, dopo due anni di concerti in piccoli locali in giro per il mondo, la band entrò  in studio per registrare il follow-up, "Blonder and Blonder". Il gruppo perse la Vammen, a causa di differenze creative (avrebbe poi lavorato con la band californiana punk The Leaving Train). Per il secondo album l' ex batterista dei Redd Kross  e grande amico  della band, Roy McDonald si unì alla Shattuck e Barnett. “Happy birthday to me” è il loro terzo album, l'ultimo  per la Warner Bros. nel 1997. Nel 1999 "Alert today, Alive Tomorrow" è uscito per l'etichetta indipendente Honest Don's Records. Una collezione di chicche,tra le quali "Rock and Roll Girl" di Paul Collins e "Kids in America" di Kim Wilde "Hamburger", è apparso all'inizio del 2000. Dopo una pausa di cinque anni dalla registrazione, il gruppo si riunì nel 2004 per rilasciare il suo quinto set in studio, "Really Really Happy", un album con molte canzoni più melodiche rispetto ai lavori precedenti. Nel 2011, the Muffs  pubblicarono una collezione di "odds and sods" che abbraccia l'intera carriera della band, "Kaboodle", e nel luglio del 2013 la Shattuck annunciò che era stata chiamata per unirsi ai Pixies come bassista dopo la partenza di Kim Deal. La sua avventura con i Pixies durò pochissimo, tanto che nel luglio del 2014 the Muffs si riunirono e fecero uscire un album con nuovi pezzi "Whoop Dee Doo", un ritorno alle sonorità più punk del primo periodo...

lunedì 12 dicembre 2016

Pandolce genovese senza lievitazione.




Preparo il pandolce ogni anno, a Natale, aiutata da mio figlio Damiano, che, come da tradizione, vi inserisce all’interno un rametto di alloro, come portafortuna e lo porta a tavola, al cospetto del più anziano di casa per essere tagliato e distribuito. La mia versione è senza lievitazione, quindi lo preparo e lo metto subito in forno!

Ingredienti:
  • 260 g di farina 00
  • 100 g di burro morbido
  • 80 g di zucchero
  • 1 uovo
  • 150 g di uvetta
  • 70 g di arancio candito a dadini
  • 70 g di cedro candito a dadini
  • 40 g di pinoli
  • 30 ml di acqua di fiori d’arancio
  • 50ml di rum
  • una foglia di alloro
  • 1 cucchiaino di semi di finocchio pestati
  • mezza bustina di lievito chimico in polvere



Mettete l’uvetta a bagno in acqua tiepida.
Setacciate la farina con il lievito. Unite i semi di finocchio e lo zucchero, poi impastate con l’uovo leggermente sbattuto, l’acqua , il rum e il burro, quel tanto che basta per amalgamare il tutto.
Unite l’uvetta strizzate, i canditi e i pinoli, la foglia di alloro impastate di nuovo brevemente, poi formate un pane rotondo, appiattitelo e ponete su una teglia rivestita di carta forno.
Cuocete nel forno statico a 180° per 45 minuti


Song :"Happy Christmas (War is over)" John Lennon & The Yoko Ono Plastic Band



 John Lennon e Yoko Ono hanno scritto questa canzone nella loro stanza del New York City hotel e l’hanno registrata durante la sera del 28 ottobre e nella mattina del 29 del  1971 al Record plant studios di New York. È uscito negli Stati Uniti per Natale, ma non ebbe un gran successo. L'anno successivo, è uscito nel Regno Unito, dove e andato decisamente meglio.
John e Yoko trascorsero molto tempo alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70 per promuovere il messaggio pacifista. Per il Natale del 1969 fanno riempire le città americane e le principali capitali del mondo con giganteschi manifesti con la scritta “War is over” (“la guerra è finita – se tu lo vuoi”, firmati “con amore, John e Yoko, da NY”).  Due anni dopo, questo slogan diventò la base per questa canzone quando Lennon decise di fare un disco natalizio con un messaggio anti-guerra. John inoltre ha sostenuto un'altra ispirazione per la scrittura della canzone: ha detto che era "malato di White Christmas”
Le voci dei bambini sono quelli dell’ Harlem Communication Chours che sono stati scelti per cantare in questa canzone. Sono accreditati sul singolo insieme con Yoko e la Plastic Ono Band.
Lennon e Ono hanno prodotto questo con l'aiuto di Phil Spector. Spector aveva lavorato su alcune delle canzoni di Beatles e produsse anche "Instant Karma" di Lennon. Non è stata la prima incursione di Spector nella musica natalizia: lui e le sue famose star  (tra cui un Cher di 17 anni) trascorsero 6 settimane nell'estate del 1963 mettendo insieme “A Christmas Gift For You From Phil Spector” con artisti come The Ronettes e Darlene Love. Sfortunatamente, l'album è stato pubblicato il 22 novembre 1963, che è stato lo stesso giorno in cui il presidente statunitense John f. Kennedy è stato assassinato, per questo motivo l’uscita dell'album non ha avuto le attenzioni sperate.
All'inizio della canzone, due sussurri possono essere ascoltati. Yoko sussurra: "felice Natale, Kyoko" (Kyoko Chan Cox è la figlia di Yoko con Anthony Cox) e John sussurra: "Happy Christmas, Julian" (figlio di John con  Cinthia)
Quattro chitarristi per quattro chitarre acustiche: Hugh McCracken, Chris Osbourne, Stu Scharf e Teddy Irwin. Jim Keltner suonava la batteria e le campane, Nicky Hopkins suonava le campane chimes e lo xilofono. Keltner e Hopkins facevano parte del Plastic Ono Band di Lennon, e un terzo membro, Klaus Voorman, avrebbe dovuto suonare il basso in questa pista, ma rimase bloccato su un volo dalla Germania, e stato sostituito da uno dei chitarristi.
Per la composizione del brano John & Yoko si ispirarono al vecchio brano folk tradizionale Stewball interpretato in passato da numerosi artisti come Woody Guthrie,Peter, Paul and Mary (ad inizio anni sessanta), ed in seguito anche dagli Hollies nel '69. Si tratta di una tipica canzone-racconto circa un cavallo da corsa che beve sempre troppo vino. Tale pezzo era stato inciso molto tempo prima che l'ex Beatle ne facesse un remake, cambiandone totalmente testo e tematica, invocando nella canzone lo spirito del Natale contro gli orrori della guerra.


giovedì 8 dicembre 2016

Chai latte.


Il chai è una bevanda antica di ispirazione indiana costituita da tè al latte arricchita da spezie come zenzero, cardamomo, cannella, chiodo di garofano, pepe, anice stellato o semi di finocchio – una specie di vin brulè con teina. L'occasione perfetta per bere questa meraviglia è al primo freddo, quando si è raffreddati, per coccolarsi un pò ...

Ingredienti
  • 2 tazze di acqua
  • 2 bustine di tè nero
  • 2 chiodi di garofano interi
  • 1 cucchiaino di cannella in polvere
  • 1/2 cucchiaino di zenzero in polvere
  • 1/2 cucchiaino di cardamomo
  • 1/2 cucchiaino di noce moscata
  • 1/8 di cucchiaino di pimento
  • 2 cucchiai di sciroppo d'acero.
  • 3/4 di tazza di latte intero
  • 1 cucchiaio di sciroppo d'acero
  • 1 pizzico di cannella in polvere

Preparazione
Versare in un pentolino l'acqua e portare a bollore insieme alle spezie. Spegnere la fiamma e fare riposare per 5 minuti. Riaccendere la fiamma mantenendola bassa e riportare a bollore unendo la bustina di tè e lo sciroppo d'acero. Non appena raggiunto un accenno di ebollizione spegnere la fiamma.
 Fare riposare per altri per 5 minuti e rimuovere le bustine di tè. Filtrare il tutto con un colino a maglia fine e prelevare 1/2 tazza del tè chai appena preparato, che servirà per il latte. Conservare l'altro in frigo .Passare al latte: portarlo a bollore insieme allo sciroppo di acero ed alla cannella quindi allontanare dalla fiamma e montare con un frullino. Versare la 1/2 tazza di tè in una tazza capiente ed unire lentamente il latte caldo schiumoso. Spolverare con della cannella e servire caldo. Il chai latte può anche essere decorato con una stecca di cannella e dell'anice stellato.

Song: " Fairytale of New York" The Pogues



Per me la canzone di Natale più bella  parla di ubriaconi, sogni svaniti, vite perdute, coppie distrutte. Si chiama “Fairytale of New York” e l'ha incisa il gruppo irlandese dei Pogues, nel 1987. Una canzone «in cui il Natale è il problema, non la soluzione». Fairyale of New York nasce a causa di una scommessa. Era il 1985 e i Pogues erano in studio con Elvis Costello, un’altra leggenda del rock irlandese, in quel contesto nella vesti di loro produttore. Leggenda vuole che Costello, in una delle sessioni di registrazione dell'album Rum, Sodomy and Lash abbia provocato il frontman della band Shane MacGowan sfidandolo a scrivere una canzone di Natale. Più precisamente, un duetto con la bassista della band Cait O’Riordan. MacGowan accetta la sfida.I Pogues si mettono al lavoro. Soprattutto Jem Finer, suonatore di banjo e polistrumentista del gruppo, scrive un pezzo che parla di un marinaio a cui manca la moglie nel giorno di Natale. Niente di clamorosamente orginale, evidentemente. E infatti si parla di regalo alla sua, di moglie - cui era stato dedicato il pezzo - che, senza mezzi termini, gliela boccia senza appello. Alle donne irlandesi quel genere di smancerie piace poco, probabilmente.È qui che entra in scena MacGowan, che insieme alla sua biografa Victoria Mary Clarke scrive la storia che conosciamo. È la notte di Natale e lui, il narratore, è un ubriacone che viene rinchiuso da un poliziotto in una “drunk tank”, una cella di transito per gente che ha alzato troppo il gomito. Con lui c'è un vecchio, che prima gli dice, amaro, che non si aspetta di vederne un altro di Natale e poi si mette a cantare “The rare old mountain dew”, un malinconico traditional irlandese che ne tradisce le origini. L'ubriacone si volta dall'altra parte e si mette a dormire. E mentre dorme, sogna la donna della sua vita, ormai perduta. Non sogna un Natale felice, né prova a rivivere i suo anni migliori. Al contrario, lui e lei, nel sogno, se le danno di santa ragione. «Sei un ubriacone, un punk», dice lei. «Sei una puttana strafatta», le risponde lui, e via di insulti. Fino a che, amari come il fiele, si augurano buon Natale, «sperando sia l'ultimo per entrambi». Per poi chiudere la canzone con lui che le chiede di ricominciare, per l'ennesima volta - «Mi hai rubato i sogni la prima volta che ci siamo visti», gli dice lei. «Li ho tenuti per me, piccola, li ho mischiati ai miei. Ma da solo non riesco a realizzarli, perché li ho costruiti attorno a te», risponde lui. «Sei un ubriacone», dice lei. «Sei una puttana strafatta», le risponde lui, e via di insulti. Fino a che, amari come il fiele, si augurano buon Natale, «sperando sia l'ultimo per entrambi». Il testo è pronto, ma non basta, per MacGowan. Che, nonostante il suo aspetto da alcolizzato irlandese, è un musicista meticoloso, «un artigiano diligente, che ha sudato due anni sulla canzone fino a che non fosse perfetta», come racconta ancora Fearnley nella sua autobiografia. Viene messo in discussione tutto, a partire dal titolo. Elvis Costello - fin troppo didascalico - propone di chiamarla “Christmas Eve in the Drunk Tank”, la vigilia di Natale in una cella di transito, ma per McGowan - molto più ambizioso - non è il titolo di una hit mondiale. La scelta cade su “Fairytale of New York”, un romanzo dello scrittore irlandese JP Donleavy, la storia di un immigrato irlandese in America. McGowan va addirittura a casa dallo scrittore per chiedergli il permesso di usare il titolo. Donleavy acconsente anche se a distanza di anni ammetterà che leggendo il testo della canzone non c'entra . Ma Cait O'Riordan, che nel frattempo era diventata la moglie di Elvis Costello e avrebbe dovuto duettare con MacGowan, lascia la band. Siamo nel 1986 e di nuovo a punto e a capo. In soccorso dei Pogues arrivano un altro produttore, quello degli U2,  e un’altra moglie, la sua, che si chiama Kristy MacColl, un’altra cantante folk di grande talento finita ai margini. È Lilliwhite a suggerire alla band di provare Kristy. I due registrano a casa le parti vocali che avrebbero dovuto dialogare con quelle di MacGowan. Ci mettono due giorni e il risultato è talmente riuscito da convincere il leader dei Pogues a incidere di nuovo le sue. Siamo al 1987, ormai, e Fairytale of New York può vedere finalmente la luce e sebbene sia un grande successo, non arriverà . Meglio cosi infondo.. una canzone per gli sconfitti non deve arrivare alla posizione numero uno, perché  nel mondo reale i miracoli non esistono neanche a Natale.

domenica 4 dicembre 2016

Chicche di patate viola alla salsa di noci


Altra ricetta con le patate viola..questa volta le ho usate per preparare delle chicche e le ho condite con la salsa di noci che si sposa bene col sapore particolare di questo tipo di patata.

Ingredienti
  • 600 gr di patate viola 
  • 150 gr di farina 
  • 1 uovo
  • Salsa di noci
Lessate le patate con la buccia per circa 50-60’ in acqua bollente non salata. Scolatele, sbucciatele e passatele allo schiacciapatate sulla spianatoia. Impastate le patate con la farina, l’uovo e un pizzico di sale. Proseguite a impastare fino a ottenere un composto soffice ma abbastanza sodo. Formate dei filoncini sulla spianatoia leggermente infarinata e tagliateli in tocchetti lunghi circa 2 cm. Rigate ogni tocchetto facendolo rotolare sui rebbi della forchetta: ricaverete così gli gnocchi.
Cuoceteli in acqua bollente salata togliendosi dalla pentola non appena verranno a galla. Conditeli subito con la salsa di noci..

Song: "Sunday Morning" The Velvet Underground




"Solo cento persone comprarono all’epoca primo disco dei Velvet Underground, ma ciascuno di quei cento oggi o è un critico musicale o è un musicista rock”
(Brian Eno)
È il 1965 , Louie Reed e John Cole  stringono amicizia e sodalizio artistico. Vanno a vivere insieme in uno scantinato a Lower East Side e per campare posano come modelli per giornali di cronaca, prestando il volto a stupratori o a serial killer. Intanto Nico, la modella tedesca Christa Paffgen, tramite Bob Dylan conosce Andy Warhol ed entra a far parte del fantasmagorico mondo della Factory. Cale e Reed vogliono formare una band che unisca atmosfere rock, poetica beat e ascendenze folk con la poetica decadente e postmoderna del nichilismo contemporaneo. Chiamano in aiuto il chitarrista (e bassista) Sterling Morrison, che Reed conosce dai tempi dell’università, e il batterista Angus MacLise. Un giovane attore legato alla cerchia della Factory, Gerard Malanga, nota il gruppo in un bar newyorkese e lo suggerisce al regista Paul Morrisey, che proprio in quei giorni stava cercando una band di musica “nuova” da produrre insieme ad Andy Warhol. Il genio della Pop Art va a vederli al Caffe Bizzarre e ne resta estasiato, o meglio sconvolto: la band suona brani lunghissimi e abrasivi, contorti e disturbati da continui feedback di chitarra e ritmi pseudo-tribali. Il cantante recita, come impossessato, liriche agghiaccianti che parlano di angoscia, delirio tossico e perversioni sessuali. Una batterista (la mitica Maureen Moe Tucker, intanto subentrata al posto di MacLise) suona con un set minimalissimo composto da rullante, piatto e grancassa orizzontale, senza usare i piedi. Cale sta in un angolo, avvolto in un mantello, come un lord edoardiano e fa piangere il suo strumento. NicoDi lì a poco i Velvet Underground entrano in studio per registrare il loro album di esordio. Warhol impone Nico, eterea e sconvolgente figura femminile, dalla voce profonda e catacombale, dall’aurea mitteleuropea e il fascino ambiguo da dea infernale. È convinto che al gruppo manchi qualcosa nell’aspetto scenico. Cale è un’ombra nera piegata sulla sua viola, Reed un tossico truccato dall’aspetto scimmiesco e dai modi non troppo coinvolgenti… Nico, nei piani del produttore, avrebbe portato nel gruppo un che di rassicurante, o pop. Ma, naturalmente, non fu così. La cantante partecipa a tre brani: “Femme Fatale”, “All Tomorrow Parties” e “I’ll Be Your Mirror”. Vorrebbe averne di più, ma il suo rapporto con Reed è di odio-amore e soprattutto di gelosia. Per qualche giorno i due sono amanti, poi il gelo. Reed vuole cantare i propri brani e cede solo quelle canzoni che ha appositamente scritto per Nico. Di più non vuole né può fare. Le sue canzoni iperrealiste gli appartengono come figli. In ogni brano c’è qualcosa di profondo: un’angoscia, un terrore, un ricordo, uno scazzo. Tutti momenti autobiografici da cui non riesce a separarsi.
A fine 1966, Sunday Morning fu l'ultima canzone che il gruppo registrò per The Velvet Underground & Nico. La canzone venne richiesta dal produttore Tom Wilson, che pensava che l'album necessitasse di un'altra canzone che avesse il potenziale per essere un singolo di successo. La canzone fu scritta da Lou Reed e John Cale e venne registrata a New York a novembre. All'ultimo momento si decise che la canzone l'avrebbe cantata lo stesso Reed, anziché Nico come si era inizialmente pensato
Dietro la descrizione di una quieta domenica mattina, tranquillo risveglio dopo una notte di bagordi, si cela il racconto allucinato di un suo day-after, il tipico risveglio tossico del disperato, una ninnananna dal suono carezzevole  ma dal testo inquietante e paranoico: “Watch out the world’s behind you”, attento, il mondo è alle tue spalle… La musica si scioglie sonnolenta, le paure e gli avvilimenti opprimono l’atmosfera. “Sunday morning and I’m falling”. È domenica mattina e sto crollando...







giovedì 1 dicembre 2016

Insalata Charlotte




Questa ricetta me l'ha suggerita Charlotte, un'amica danese che a sua volta l'ha imparata da un'amica australiana..una ricetta internazionale insomma! Io ho aggiunto qualche piccola variazione per rendere piu "mia" la ricetta ma vi assicuro che una volta pronta non riuscivo a smettere di mangiarla..un'esperienza meravigliosa per il palato!!

Ingredienti:
  • 1 cucchiaio di aceto di vino bianco
  • 1/2 cipolla rossa tagliata a fettine sottili
  • 100 gr di datteri al naturale, denocciolati e tagliati a pezzetti
  • 2 cucchiai di olio d’oliva
  • 2 pezzi di pane chapati tagliati a cubetti  (anche le piadine vanno bene)
  • 75 gr di mandorle tritate grossolanamente
  • sale e pepe
  • 150-200 gr di valeriana lavati e asciugati
  • 2 cucchiaini di succo di limone
  • Un melograno sgranato.


In una piccola ciotolina mischiare i pezzetti di datteri con le fettine di cipolla e condire con l’aceto. Aggiungere una presa di sale e mischiare il tutto con le mani. Lasciare marinare per 20 minuti, poi scolare l’aceto in eccesso.
Nel frattempo scaldare l' olio d’oliva in una padella, aggiungere i cubetti di pane e le mandorle e rosolare per 5-6 minuti a fuoco medio girando continuamente. Il pane deve essere bello abbrustolito. Togliere dal fuoco, versare il pane in una ciotola assieme alla valeriana , unire la cipolla e i datteri assieme ai chicchi di melograno e condire con una vinagrette di olio e limone, sale e pepe.

Song: " Burn My Eye" Radio Birdman



Vidi i Radio Birdman nel 2003, al Medicine Show Festival a Perugia. Io ero con i Peawees, dietro al banchetto del merchandising con un raffreddore incredibile ma ricordo che era quasi mezzanotte quando i Radio Birdman hanno infiammato il palco attaccando con “Burn My Eye” e in quel momento mi sono sentita veramente fortunata perché mi trovavo davanti ad pezzo importante della storia del punk. Anche se la band più conosciuta della scena punk australiana dei primi anni '70 sono sicuramente i Saints, la prima band a piantare la bandiera punk rock nella terra sotto sono stati i Radio Birdman. La band si è formata nel 1974 grazie a due amici Deniz Tek e Rob Younger, accomunati da una forte passione per il Detroit sound e soprattutto per band come Stooges e MC5, decidono di assoldare tre musicisti locali e formare insieme una nuova band. I tre sono Chris Masuak (chitarra, piano), Warwick Gilbert (basso) e Ron Keeley (batteria), che formeranno la prima formazione dei Radio Birdman. Il loro primo EP, Burn My Eye, uscito nel 1976, è stato un grande disco e rimane ancora un pezzo seminale di Aussie punk. Con l'uscita di questo EP si fa risalire la nascita della scena punk australiana. Il disco è caratterizzato da un suono grezzo e veloce, molto vicino al rock detroitiano, con le tastiere che seguono le trame velocissime delle due chitarre. Forte e arrogante,  è stato un grande debutto che ha fissato il palco per l'imminente diluvio di nuove  punk band. . Nello stesso anno si aggiungerà alla formazione della band, che non subirà più cambiamenti fino allo scioglimento del 1981, Pip Hoyle (organo, piano). Il passo successivo è quello di registrare un album e con un contratto con la Trafalgar in mano, la band registra nel 1977 Radios Appear, inizialmente uscito solo in Australia e poi distribuito nel 1978 in tutto il mondo dalla Sire Records, però con una scaletta differente. Mentre in patria il gruppo riscuote molto successo, il disco non trova il successo che merita negli USA e soprattutto in Europa. La frenetica attività live continua e nel 1978 il gruppo è in Galles per registrare il seguito di Radio Appear. Le session sono molto complicate e rispecchiano il pessimo stato di salute del gruppo, ma nonostante ciò ne scaturisce l'LP Living Eyes (Trafalgar/WEA), che verrà pubblicato nel 1981, dopo lo scioglimento della band, dovuto ad incopatibilità tra i membri della band. Dopo lo scioglimento della band, Deniz Tek con Rob Younger, Warwick Gilbert, Ron Asheton degli Stooges e Dennis Thompson degli MC5 forma i New Race. A seguire Deniz Tek con Ron Keeley e Pip Hoyle e altri musicisti forma i The Visitors per poi continuare la sua carriera da solista. Rob Younger canterà successivamente nei New Christs, formati con membri di Lime Spiders, Celibate Rifles e Hoodoo Gurus. Gli altri membri dei Radio Birman continueranno a suonare in altri gruppi più o meno conosciuti come i The Barracudas. La band si riforma nel 1996, a gennaio, con la formazione originale. I sei si ritrovano in studio per remixare i loro primi due lavori e si accorgono di poter ancora continuare a suonare insieme e che le tensioni tra i componenti erano sparite...signore e signori, i Radio Birdman sono tornati!
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martedì 29 novembre 2016

Insalata di rape rosse e germogli misti.




Amici a cena, apro il frigo e trovo le rape rosse sottovuoto e i germogli...unisco un altro paio di ingredienti e nasce questa insalata fresca e ricca di vitamine!

Ingredienti:

  • 4 rape rosse sottovuoto
  • Un arancia intera
  • Un arancia spremuta
  • 100 gr di mandorle
  • Una manciata di germogli misti (io ho usato soya, ravanello e lenticchie)
  • Sale, pepe
  • Olio exrtavergine d'oliva.
Tagliare a cubetti la rapa, a pezzettini l'arancio e spezzettare grossolanamente le mandorle. A parte preparare una vianagrette  emulsionando il succo d'arancia con un cucchiaio d'olio e un pizzico di sale. In una ciotola unire tutti gli ingredienti aggiungendo i germogli, condire con la vinagrette e spolverare con il pepe..




Song: "Oh! You pretty thing" Davide Bowie



«Non riuscivo a dormire, erano circa le quattro del mattino. Mi ero svegliato con questa canzone che mi ronzava in testa. Mi sono dovuto alzare dal letto e suonarla, per liberarmene e tornare a dormire». Oh! You Pretty Things fu una delle prime tracce di Hunky Dory ad essere composte e inizialmente venne scritta con l'idea di farla registrare al cantautore statunitense Leon Russell. Fu probabilmente anche la prima canzone composta da Bowie al pianoforte piuttosto che alla chitarra dal momento che ne fu realizzato un demo negli studi di Radio Luxembourg verso la fine del 1970. Bowie torna su un territorio già esplorato l'anno precedente in The Supermen, nel quale aveva immaginato l'avvento imminente di una razza di uomini superiori con spiccati richiami alla filosofia di Friedrich Nietzsche. Il concetto viene ribadito in Oh! You Pretty Things, in cui le "cose graziose" del titolo rappresentano una specie più evoluta che alla fine stabilirà il proprio dominio soppiantando l'homo sapiens, secondo alcune fonti un possibile riferimento al periodo nazista e al desiderio di una razza pura su cui Bowie tornerà pochi anni dopo.
« Oh! You pretty things
Don't you know you're driving your mamas and papas insane
Let me make it plain, you gotta make way for the Homo Superior »
« Oh! Voi cose graziose
Non sapete che state facendo impazzire le vostre mamme e i vostri papà
Fatemi essere più chiaro, dovete trovare la strada per l'Homo Superior »
Negli "Homo Superior" si ritrovano riferimenti all'occultismo di Aleister Crowley e al racconto di fantascienza The Coming Race, scritto nel 1871 da Edward Bulwer-Lytton, nel quale viene descritta una specie molto progredita di quasi-umani che vivono nelle profondità della Terra e la cui civiltà superiore ha bandito le guerre, il crimine e le disuguaglianze. Durante la sua prima intervista per Melody Maker, rilasciata a Michael Watts nel gennaio 1972, Bowie disse che l'imminente razza di superuomini doveva essere guardata con ottimismo: «Saranno in grado di realizzare tutte le cose che noi non riusciamo a fare». Tenendo presente la sua passione per la fantascienza di serie B, è curioso notare che The Homo Superior in seguito divenne il nome della generazione di giovani telepatici protagonisti della serie The Tomorrow People, trasmessa dal 1973 al 1979 dal network ITV. Anche il nuovo ruolo paterno di Bowie potrebbe aver giocato un ruolo nella stesura del brano (il figlio Duncan sarebbe nato pochi mesi prima dell'uscita di Hunky Dory) interpretabile come una raffigurazione di ansia paterna e agitazione generazionale, una specie di coming out di un uomo che guarda di nascosto i bambini felici che giocano in strada, consolandosi del fatto che saranno condannati a loro volta. Il cantante rivelò durante la campagna promozionale dell'album: «La mia reazione all'annuncio che mia moglie era incinta rientrava negli archetipi del comportamento "da papà. La canzone contiene tutto questo più una spruzzata di fantascienza». Nel 1976, nel corso di un'altra intervista accennò anche all'aspetto più oscuro della canzone: «Moltissime canzoni in realtà hanno a che fare con qualche forma di schizofrenia  e "Pretty" era una di esse».

giovedì 24 novembre 2016

Vellutata di zucca e patate viola


La patata viola ha innumerevoli proprietà nutrizionali: il suo profumo ricorda la nocciola ma il sapore dolce si avvicina leggermente alla castagna. Io l’ho unità alla zucca e al porro per realizzare una vellutata che scaldare le vostre serate invernali..

Ingredienti

  • 10 patate violette
  • mezza zucca
  • brodo vegetale q.b.
  • olio extravergine di oliva
  • porro
  • pepe nero
  • Mezzo cucchiaino di curcuma in polvere
  • Sale



Preparare la zucca: rimuovere dapprima i semi, successivamente la scorza, facendo estrema attenzione a non tagliarsi con il coltello. A questo punto, tagliare la zucca a dadini piccoli e sistemarla in una ciotolina. Preparare le patate. Con l’aiuto di un pelapatate, sbucciare le verdure e tagliarle a piccoli pezzetti. Unire i dadi di patata a quelli di zucca. Tagliare il porro a rondelle.Nel frattempo, mettere sul fuoco una pentola capiente e, quando sarà molto calda, rosolare patate, zucca e porro con un filo d’olio. Dopo che la zucca e le patate iniziano a formare una leggera crosticina dorata, aggiungere l’equivalente di 2 bicchieri di brodo vegetale  nella pentola delle verdure. Aggiungere il mezzo cucchiaino di curcuma e un pizzico di pepe, mescolare velocemente e portare ad ebollizione. Chiudere la pentola con il coperchio e portare a cottura, mescolando di tanto in tanto, per circa 15-20 minuti, fintantoché le verdure avranno raggiunto una consistenza piuttosto cremosa. A fine cottura emulsionante il tutto con il frullatore ad immersione..

Song:"No one knows " Queen of the stone age

Ho un debole per Johs Homme..lo ammetto e a mio parere “Songs for the Deaf”, terzo album dei Queens of the stone Age, è sicuramente uno degli album rock più importanti e riusciti degli ultimi anni. Josh Homme recluta intorno a sé, oltre al bassista Nick Olivieri, due grandi pilastri del grunge: Dave Grohl (finalmente di nuovo alla batteria) e Mark Lanegan. L’album si apre con i rumori di una persona che entra in macchina e, preparandosi per un viaggio attraverso il deserto californiano, si sintonizza su alcune frequenze radio: dopo qualche parola del dj irrompono subito le inconfondibili rullate di Dave Grohl e comincia "You think I ain't worth a dollar, but I feel like a millionaire", una martellante e urlata canzone in perfetto stile “robot rock”. Segue il singolo "No one knows" un pezzo battente, ritmato e forse uno dei più divertenti dell’album con un ritornello irresistibile tra rullate isteriche e violenti chitarre stoner. Il tiro dell’album sembra non voler calare nemmeno alla terza canzone, First it giveth, la cui chitarra raddoppia la velocità e gli efficaci intermezzi spagnoleggianti servono a spezzare la ripetitività insana dei riff. Uno dei momenti più esaltanti è però "Song for the dead": la chitarra di Homme ripete ossessivamente una nota sola, la batteria di Grohl sembra inciampare incerta per poi lanciarsi in un ritmo veloce ed eccitante. L’atmosfera poi si fa più adeguata per una “canzone per i morti” ed entra la voce graffiante e profonda di un Lanegan che sembra tornato ai tempi degli Screaming trees. La canzone si conclude con il solito martellamento schizofrenico che però non riesce mai a stancare e la velocità delle bacchette di Grohl sembra non avere più limiti. Prendiamo un respiro con "The sky is fallin' (anche se i suoi imprevedibili cambi di tempo non ce lo consentono molto) e, passando per l’urlante Olivieri di Six Shooter e per Hangin' Tree arriviamo al momento più orecchiabile ma anche più interessante: "Go with the flow" (“I want something good to die for / to make it beautiful to live. / I want a new mistake, lose is more than hesitate”). Mano a mano l’album si fa più intimo con "Gonna leave you" "Do it again" e il blues malato di God is in the radio. La vena più “mariachi” è esplicitata nella splendida ballata "Another love song" ma è solo il canto del cigno prima di sprofondare nell’abisso della tetra e spaventosa "Song for the deaf". Dopo averci condotto negli inferi, il dj ci saluta e ci augura buonanotte lasciandoci con l’acustica ballata "Mosquito song". Inquietante anche la traccia fantasma The real song for the Deaf.Un rock puro, volutamente non raffinato, diretto e bollente come le sabbie del deserto californiano.

sabato 19 novembre 2016

Mele alla cannella con budino di cachi.


Questa ricetta è nata in un pomeriggio piovoso in cui avevo voglia di qualcosa di dolce da mangiare ma in casa avevo solo frutta..ci ho pensato un pò e  in mezz'ora è venuta fuori una merenda veramente goduriosa!

Budino di cachi

  • 1 cachi maturo
  • 2 cucchiai di cacao amaro in polvere.

Spellare un cachi  maturo,mettere la polpa in un contenitore, aggiungere due cucchiai di cacao amaro in polvere e ridurre in crema con il frullatore ad immersione. Trasferire il tutto in uno stampo per budino e mettere in frigo per 30 minuti trascorsi i quali non vi resta che assaggiare questa meraviglia!

Mele alla cannella

  • Una mela
  • 4 cucchiai di zucchero di canna
  • Il succo di un arancia
  • Un bicchiere d'acqua
  • Due cucchiai di cannella in polvere.

Dopo aver lavato e asciugato le mele con un panno da cucina , sbucciatele e tagliatele a rondelle.
Mettete lo zucchero in una casseruola aggiungete l'acqua, il succo d'arancia e la cannella e portate a bollore lasciandolo per 2 o 3 minuti.
A questo punto versate gli spicchi di mela, mescolate delicatamente e lasciate cuocere a fuoco basso.
Dopo aver cotto per 10 minuti le mele, toglietele dal fuoco e servitele con della frutta secca sbriciolata..

Song "Bang a gong" T-Rex


Il 1965 è l'approdo di un percorso esistenziale fantasmagorico per il diciottenne Mark Feld, ex-principe dei Mods londinesi e dandy barocco per vocazione. Il background a base di Elvis, insieme con altre piccole, vecchie e nuove divinità - Cliff Richards, Eddie Cochran, Bob Dylan, Syd Barret - come in un Olimpo costruito a propria immagine e somiglianza, è sobillato dall'emergere planetario di un nuovo, determinante e portentoso fenomeno: l'ascesa dei Beatles. Mark, acrobata sulla sottile linea di demarcazione tra realtà e fantasia, non teme certo di sfidare la possibilità, e, imbracciata la propria chitarra, inizia a bazzicare diversi studi di registrazione, con una manciata di cover - biglietto da visita. L'operazione non frutta alcun contratto, ma procura un manager all'ambizioso sognatore, Mike Puskin, autore del passaggio dalle speranze di Mark Feld alla determinazione di Marc Bolan, con una k in meno e un cognome nato probabilmente dalla contrazione tra lo stilista Bohan (un altro tra i molteplici eroi di Mark) e il songwriter Dylan. Il contratto tra i due dura un anno, durante il quale Marc incide per la Decca "The Wizard", primo singolo solista e delizioso psych-garage donovaniano, incrocia tra le quinte di un qualche programma pop un ancora sconosciuto Jimi Hendrix e si diletta a scrivere racconti fantasy. Il 1966 non è ancora finito, ma evidentemente Marc non ha bisogno di troppo tempo per ammaliare la gente: Simon Napier Bell è il suo nuovo manager, ed è che con lui che incide per la Parlophone "Hippy Gumbo", piccolo e ingiusto flop.
È il 1967, e Marc diventa chitarrista e corista dei John's Children, a cui ruberà immediatamente la scena, per poi andarsene dopo soli tre mesi e un infelice tour di supporto agli Who. Il nuovo vagabondaggio è segnato da un incontro illuminante, quello con il sitar di Ravi Shankar, da cui il ritorno di fiamma al rock acustico e un folle annuncio sul Melody Maker per cercare chitarra, basso e batteria. Il primo a rispondere è il percussionista e corista Steve Peregrine Took...Ecco a voi i Tyrannosaurus Rex! Tra il 1968 e il 1969, vengono realizzati "My People Were Fair and Had Sky in Their Hair... But Now They're Content to Wear Stars on Their Brows", "Prophets, Seers & Sages - The Angels of the Ages" e "Unicorn", sorta di saga in tre atti  dalla mirabile limpidezza acustica a narrare i più reconditi afflati di aria, terra, fuoco e aria col supporto di un impianto percussivo come gentilmente sostenuto dalle tantissime creature dei boschi che abitano la penna di Marc.
Lasciatosi alle spalle un 1969 segnato non solo da un cambio d'organico, ma anche da una crisi coniugale, risolta nella riconciliazione con una June Child al limite della devozione e un incrociare il proprio talento a quello del Bowie  dalla freccia magnifica di "Space Oddity" (per cui leggenda vuole che Marc suoni la chitarra in "The Prettiest Star), è tempo di alleggerire la nomenclatura, così da facilitare il lavoro ai dj in radio : i Tyrannosaurus Rex divengono, molto più agilmente, T. Rex. Gli abiti di scena si fanno scintillanti e la quantità di glitter con cui enfatizzare un aspetto già di per sé insolito diventa un segno di riconoscimento - tra i tanti - per meglio identificare Marc e la sua musica.
"T. Rex", nel 1970, non è che l'anticamera piacevole di ciò che sta per accadere l'anno successivo. Il training volto a dinamizzare il suono, sino all'epoca dei Tyronnosaurus Rex orgogliosamente abbarbicato alla frugalità dell'approccio acustico, riesce alla perfezione ed "Electric Warrior", nel 1971, ne diventa l'irripetibile saggio finale. Il progetto, irrobustito dalla progressiva ascesa e dal carisma irresistibile di Bolan, nasce già ambizioso: l'organico si amplia, con Steve Currie al basso elettrico, Bill Legend alla batteria ed un'incursione del produttore Tony Visconti ai violini. È come se l'elfo più bello del bosco avesse perso l'innocenza, divenendo consapevole del proprio fascino, amplificato da un fare innocentemente provocante, nella volontà di sedurre definitivamente il mondo. L'androginia smaliziata non allontana il pubblico, ma ne scatena ancor più violentemente l'immaginario. Tutti vogliono essere Marc, meno accidioso di Bowie e più viscerale del futuro Bryan Ferry.
Il glam-rock di "Electric Warrior" è luce per eccellenza, e saranno, qualche anno di là da venire, solo le infauste circostanze a gettarne le ombre. Il trampolino di lancio è  "Bang a gong (Get It On)", ed è immediatamente visibile il cambio di rotta verso un suono più denso ed elettrificato. I T. Rex di "Electric Warrior" sono una creatura nuova, sfrontata e vanitosa, giustamente vanitosa e Marc ha ormai archiviato l'antico languore silvestre, per lanciarsi in un vibrato sussurrato mordicchiando l'orecchio all'ascoltatore.
 Dopo è Gloria, di nome e di fatto. Marc, monarca assoluto tra piume e lustrini, cavalca l'onda del proprio ego, perdendone le coordinate e iniziando a sguazzare nella debolezza delle dipendenze. Malgrado il successo gli arrida ancora per qualche anno, la critica non è poi così magnanima con i suoi nuovi lavori, e alcool e droga sono lì a portata di mano.
Marc ricomincia dall'amore, costruendo ex-novo la sua vita con Gloria Jones, la bellissima vocalist della Northern Soul (la stessa dell'originale e poi abbondantamente coverizzata "Tainted Love" del 1964) conosciuta qualche anno prima in America.
La morte deciderà di affidare proprio a Gloria l'auto nella quale Marc compirà l'ultimo viaggio: la notte del 16 settembre 1977 - a un mese esatto dalla dipartita di Elvis - la Mini Gt viola su cui la coppia viaggia va a schiantarsi contro una quercia. La stella ha compiuto la sua traiettoria, troppo breve, seppur intensa, per lasciare qualche barlume di consolazione.

domenica 13 novembre 2016

Pancake con avena, banana e latte di cocco


Domenica mattina, tempo di brunch..e voglia di pancake. Questa volta ho provato ad usare la farina d'avena e il latte di cocco e il risultato mi ha soddisfatto molto!
  • 160 gr di farina d'avena
  • 1 pizzico di cannella in polvere
  • 1 pizzico di sale marino
  • 1 banana matura
  • 2 cucchiai di zucchero di canna
  • 1 uovo
  • 180 ml di latte di cocco

In una piccola terrina, unisci la farina di avena con lievito, cannella e sale. In un’altra scodella, schiaccia la banana mescolandola con lo zucchero .Aggiungi quindi l’uovo, e il latte di cocco . Versa il tutto nella miscela con la farina. Mescola fino a ottenere un composto omogeneo.Scalda un padellino su fuoco medio. Spennellalo leggermente con poco olio di oliva . Cuoci i pancake per 3-4 minuti su ciascun lato, fino a quando sono scuri e ben cotti.

Song "Dirty Water" the Standells.



L’effetto più immediato della Beatlemania fu quello di trasformare, in tutto il mondo, innocui gruppi di intrattenimento in piccole gang di teppisti. Successe anche agli Standells. Anzi, a loro più che a tutti gli altri. Nati nel 1962 a Los Angeles dall’incontro artistico tra Larry Tamblyn (fratello di Russ, il Riff di West Side Story e il Tony Baker di High School Confidential, tra gli altri, NdLYS) e Tony Valentino (al secolo Emilio Bellissimo, giovane emigrante siciliano finito a Los Angeles ad inseguire il sogno americano dopo un’infanzia vissuta a Cleveland, NdLYS), gli Standells (come dire, i disoccupati) sbarcano il lunario suonando musica da ballo nei club di Hollywood e delle Hawaii. Con loro ci sono Jody Rich e Benny King, presto rilevati rispettivamente da Gary Lane e Gary Leeds. Una band tra le tante che girano nel circuito dei night-club con un repertorio di standard dell’epoca. L’ingresso di Dick Dodd alla batteria e l’interesse dell’impresario Burt Jacobs frutta una serie interminabile di cameo cine-televisivi e temi musicali per svariate pellicole del periodo, da Get Yourself a College Girl ai mitici Munsters passando per Zebra in the Kitchen, Follow the Boys, When Boys Meet the Girls, Riot On Sunset Strip. L’anno della svolta è il 1966. La scoperta di Beatles e Rolling Stones e in generale di una via torbida al beat, unita alla creativa penna del produttore Ed Cobb fa degli Standells i nuovi “bad boys”. E’ proprio Ed a portare alla band il primo pezzo del nuovo corso. Si intitola "Dirty Water". Un titolo buono per un blues. Parla delle acque sporche di un fiume che si trova dalla parte opposta dell’America. Un posto dove nessuno degli Standells è mai stato: il Massachusetts. Ciò che è improbabile su carta diventa invece efficace su spartito: l’indimenticabile riff della chitarra di Valentino e la voce insolente di Dodd, assurto nel frattempo al ruolo di lead vocalist pur restando seduto dietro il drum kit della band, ne fanno un immediato inno pre-punk.
Uno di quelli destinati a fare la storia della musica moderna.
Sull’album che, secondo il costume dell’epoca, porta lo stesso titolo del brano-aratro, gli Standells mettono mano ad un repertorio che alterna pezzi originali scritti dalla band o da Ed Cobb a qualche cover sfrontata (19th Nervous Breakdown degli Stones, Hey Joe alla maniera dei Leaves e una Little Sally Tease reduce dalle vecchie notti al PJ‘s di Hollywood).
L’apertura è affidata a una delle cose migliori degli Standells Mark II, ovvero quella "Medication"che verrà poi traslocata da Cobb nel repertorio degli altri suoi super-protetti californiani Chocolate Watch Band. Avvolta da un basso rotolante, da un perpetuo e immobile suono d’organo e da un tremolo imparentato con l’effettistica cara agli Electric Prunes, "Medication"è un ottimo incipit ad un album mutevole per atmosfere e contenuti. "There Is a Storm Comin’" ad esempio si muove in prossimità della musica nera che la band ha consumato in dosi massicce nei primi anni di vita e che tornerà a frequentare negli album dell‘anno seguente.
"Rari", altro numero di Cobb, è un’espansa ballata psichedelica che vive del bell’arrangiamento di Lincoln Mayorga (compagno di avventura di Ed ai tempi dei Four Preps, NdLYS) mentre "Sometimes Good Guys Don‘t Wear White", ancora di Cobb, è un altro incalzante beat da trincea che diventerà una delle palestre più frequentate dai punk di tutto il mondo, dai Vacants ai Minor Threat passando per Sex Pistols e Count Bishops, in parte replicata pochi minuti dopo con "Why Did You Hurt Me?" scritta da Valentino e Dodd. Pride and Devotion scritta invece da Larry Tamblyn si muove in un più consueto vestito folk-rock vicino alle armoniose piogge dei Byrds.
L’esperienza maturata negli anni passati nelle sale da ballo a far muovere il culo alle sedicenni o ai militari di leva, permette agli Standells di Dirty Water di sfruttare la natura disomogenea della track-list per farne il proprio cavallo di troia per sfondare le porte delle charts.
Bravi ragazzi che non vestono in camicia. Capelloni tra una folla di colletti bianchi.


domenica 6 novembre 2016

Maltagliati ai carciofi e sedano rapa.


In questa ricetta ho voluto provare il sedano rapa..un ortaggio curioso e a me completamente sconosciuto!
 Il sapore è un pò più delicato di quello del sedano e la combinazione con i carciofi risulta molto gradevole.. ho scritto le dosi per fare la pasta a mano ma, ovviamente, vanno benissimo i maltagliati o le lasagne secche comprate al supermercato e spezzate grossolanamente !!!

Ingredienti:
  • 200 g. farina 00
  • 2 uova medie
  • un pizzico di sale
  • 3 carciofi
  • 100 gr di sedano rapa
  • 2 acciughe sottolio
  • cucchiai di olio extravergine d'oliva
  • 1 spicchio d'aglio
  • sale
  • prezzemolo
  • pepe nero
  • 30 gr di Parmigiano Reggiano
  • 1/2 limone



Preparate la pasta fresca: mettete sulla spianatoia la farina a fontana, aggiungere un pizzico di sale, una cucchiaiata di olio extravergine d'oliva  e le uova. Impastare fino ad ottenere un composto elastico. Coprire con un canovaccio e lasciare riposare una mezz'oretta.
Pulite i carciofi, lavateli in acqua e limone, tagliateli a metà e fateli a fettine. Sbucciate il sedano rapa e tagliatelo a cubetti. Tritate l’aglio e il prezzemolo, fateli appassire in un tegame con l’olio e le acciughe e unite i carciofi e il sedano rapa, salate e fate cuocere per circa 10 minuti aggiungendo poca acqua calda e un coperchio.Nel frattempo riprendere la pasta. Stenderla sottile col mattarello o con la macchina tirapasta. Ricavare delle strisce. Tagliare in modo grossolano (da qui il termine "maltagliati"). Fate cuocere la pasta in abbondante acqua salata .Scolate la pasta e mantecatela con il condimento preparato e aggiungete una spolverizzata di parmigiano.


Song: "Look what you've done to my heart" The Shirelles.

Shirley Owens, Doris Coley, Addie “Micki” Harris, e Beverly Lee, quattro studentesse di scuola superiore a Passaic, nel New Jersey, decisero nel 1958 di riunirsi in un gruppo vocale. Col nome The Poquellos composero una canzone, "I Met Him on a Sunday" partecipando a un concorso canoro. Notate le loro doti, Florence Greenberg si offrì di far loro da manager, ne cambiò il nome in The Shirelles e ne propose l'ingaggio alla Decca Records, con cui registrarono il pezzo di loro composizione che si posizionò nella classifica dei 50 migliori brani a livello nazionale. Quell'anno vide anche il loro debutto sul prestigioso palcoscenico dell'Apollo Theater.
Dopo due consecutivi passi falsi, l'anno successivo il quartetto entrò nei Top 20 di R&B con "Tonight's the Night", ma la grande popolarità arrivò nel 1961 con la canzone targata Goffin-King "Will You Love Me Tomorrow" che decretò le Shirelles il primo gruppo femminile di rock & roll di successo, aprendo la strada a molte formazioni vocali femminili – The Supremes, The Ronettes, The Crystals, The Chiffons e The Marvelettes fra le più popolari. La celebrità conquistata consentì il ripescaggio e la pubblicazione di brani in precedenza sottovalutati e il lancio di nuovi pezzi di successo come "Soldier Boy".
Nel 1963 le Shirelles contribuirono alla colonna sonora di "Questo pazzo pazzo pazzo pazzo mondo" e fecero apprezzare al grande pubblico una ancora sconosciuta Dionne Warwick, che cantò col gruppo in sostituzione di due componenti costrette a lasciare temporaneamente per impegni matrimoniali. Frattanto venivano notate non solo dal pubblico ma anche da musicisti affermati. I loro motivi furono ripresi fra gli altri da Aretha Franklin, gli Yardbirds di Eric Clapton, The Mamas & the Papas, Smokey Robinson,Manfred Mann, Roberta Flack. Anche i Beatles(specialmente George Harrison), nella loro prima fase della carriera, si interessarono ai gruppi vocali femminili e in particolare alle Shirelles; facevano parte della loro scaletta dei concerti live motivi come "Will You Love Me Tomorrow", "Mama Said"e "Baby It's You" – quest'ultimo ripreso in sala d'incisione assieme a Boys (anch'esso del gruppo statunitense) e inserito nell'album "Please Please Me".
Nel 1967, Doris Coley lasciò il gruppo per dedicarsi alla famiglia, e le componenti rimaste decisero di continuare come trio che andò avanti fra registrazioni, apparizioni televisive e tournée. Anche la Owens abbandonò la formazione nel 1975 per proseguire nella carriera da solista, ma il suo vuoto fu colmato dal ritorno della Coley. Il 10 giugno 1982, nel corso di un'esibizione che il gruppo stava tenendo ad Atlanta, la Harris fu colpita da un attacco cardiaco fulminante e le compagne, profondamente scosse dall'accaduto, scelsero di ritirarsi dalle scene, e incisero per l'ultima volta l'anno successivo assieme a una Dionne Warwick all'apice del trionfo artistico...

domenica 9 ottobre 2016

Crostata vegan ai mirtilli.


Su richiesta di un'amica ho provato a fare una crostata vegan e devo dire che il risultato non è niente male!

Ingredienti:
  • 300 gr farina
  • 60 gr di zucchero
  • Mezza bustina di lievito
  • 120 ml di latte di mandorla (o avena che sono dolci e delicati)
  • 70 ml di olio extravergine di oliva
  • Marmellata di mirtilli (o quella che preferite!)
In una ciotola setacciare il lievito e la farina; fare la classica fontana e versare il latte e l’olio, impastare fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo, lasciare in frigo per 30 minuti e poi stendere una parte dell'impasto in una teglia oliata e infarinata, bucherellare con una forchetta e stendere la marmellata su tutta la superficie. Decorare con la la restante parte di pasta la crostata e infornare a 180° per 30 minuti..

Song:"Layla" Derek and the Dominos


 Qui non si parla di una canzone ma di una Musa, Miss Patti Boyd, una donna che ha rubato il cuore a due grandi musicisti ispirandoli a realizzare dei brani indimenticabili. Con il primo l´intreccio amoroso è noto. Galeotto il set del primo film dei Beatles, "A hard day´s night." Gerorge Harrison rimane folgorato dalla sensualità di Pattie e le firma autografi accompagnati da insistenti baci. La corteggia, ma lei non si concede, finché la passione li travolge. Nel ´66 le nozze, con luna di miele alle Barbados. Almeno tre famosissime canzoni dei Beatles, scritte da Harrison, sono state dedicate a lei: “Something” contenuta nell’album Abbey Road, il singolo “For You Blue” e “I Need You” (presente in Help).
I guai però non tardano ad arrivare. A dividere la coppia è un viaggio in India, durante il quale Pattie inizia a frequentare il maestro yoga Marharishi Mahesh. Ma più di lei è George a subire il fascino del personaggio, iniziando a coltivare un interesse profondo per la spiritualità indiana che l´avrebbe accompagnato per tutta la vita. Tornati a Londra, la relazione tra i due si complica per l´abuso di alcool e droghe.
A logorarla definitivamente sono i continui tradimenti di George. Pattie si consola concedendosi qualche fuga dal talamo nuziale, non risparmiando nemmeno l´amico John Lennon e il cantante del gruppo rivale per eccellenza, Mick Jagger. Tutti stregati dal fascino etereo e misterioso di quella bellezza formato «twiggy». Musa o maga Circe? Per Eric Clapton, una vera ossessione, fin dal primo incontro a un party nel ´68. Il chitarrista dei Cream le dà subito la caccia e, per conquistarla, finge un flirt con la sorella
Patty , però, respinge le avance, nell´estremo tentativo di salvare il suo matrimonio, mentre George passa da un letto all´altro, incluso, a quanto pare, quello della moglie dell´amico Ringo Starr. Eric, intanto, non si rassegna e sfoga la sua frustrazione con “Layla”, tributo alla donna dei suoi sogni. Pietra miliare del rock, il brano è ispirato al poema iraniano di Nizami, Layla e Majun.
A furia d´insistere, Eric "folle d'amore" come  Majun della storia, ottiene una relazione clandestina, favorita anche dalla latitanza dell´amico George, così incurante che, quando il rivale gli confessa di desiderare la sua donna, non fa una piega e risponde: «Tutto quello che vuoi, amico. Prenditela pure e io mi prendo la tua ragazza».
Offesa da tanto cinismo, Pattie decide di rompere e rifugiarsi tra le braccia della sua nuova fiamma. Nel ´79, i due si sposano ma, presto, il copione si ripete. La dipendenza di Eric da alcool e cocaina lo rende violento e, dieci anni dopo, la favola si conclude con la separazione...





venerdì 26 agosto 2016

Orecchiette al tonno rosso.

Le Orecchiette sono senza dubbio il mio tipo di pasta preferito..saranno le origini pugliesi ma io le cucinerei in ogni modo possibile! questa volta le ho preparate con il un bel pezzo di tonno rosso, ispirandomi ad un piatto che avevo assaggiato alle Eolie e che mi è rimasto nel cuore..
Ingredienti:
  • 250 grammi di tonno rosso
  • 400 grammi di orecchiette
  • 15 pomodorini pachino
  • uno spicchio di aglio tritato
  • capperi sottosale, quanto basta
  • un mazzetto di prezzemolo
  • mezzo peperoncino
  • olio extravergine di oliva
  • sale e pepe, quanto basta
Mettete a bollire l’acqua per la pasta e nel frattempo preparare il condimento .  Lavare i capperi .  Lavare i pomodorini e tagliarli a metà. Mettere in una padella antiaderente l’olio, l’aglio tritato e i pomodorini e fare prendere calore al tutto, aggiungere i capperi e il peperoncino, aggiustare di sale (non troppo perché olive e capperi sono salati) e fare cuocere per 10 minuti per fare restringere il sugo ma lasciandogli un sapore ‘fresco’. Tagliare il tonno a tocchetti e tritare il prezzemolo: a fuoco alto, aggiungere al sugo il tonno e il prezzemolo e farlo cuocere per altri 2 minuti. Il tonno deve restare roseo. Lessare la pasta e scolarla al dente, lasciando da parte un poco dell’acqua di cottura: mettere la pasta nella padella e mantecarla con il sugo aggiungendo se necessario poca acqua di cottura

Song: "Cherry Bomb" The Runaways
Nella metà degli anni 70, la donna statunitense era rappresentata dalla svampita mamma-chioccia in "Happy Days", Marion Cunningham, o dalle frivole Laverne & Shirley. Poi arrivano le Runaways: cinque adolescenti che, a denti stretti, entrano nell'arena del rock. Tigri o pasto, di loro rimane un'eredità importante
"La rabbia per le donne nella musica, per me, era una questione di principio. Era originata dalla convinzione che una ragazza non potesse suonare la chitarra mentre a scuola sedevi accanto a ragazze che suonavano il violino e il violoncello, Beethoven e Bach. La rabbia nasceva dalla consapevolezza di non avere una possibilità, dal sentirsi dire di tacere e comportarti come una gentildonna.
Nel momento in cui inizi a imporre queste idee di merda, scoppia una guerra."
- Joan Jett
Abusate, infamate, sottovalutate e inaspettatamente seminali. Cattive ragazze alle quali il movimento riot grrrlsi ispira con umiltà e che scoppierebbero a ridere di fronte al "Girl Power" del pop pensando a uno scherzo.
In un periodo in cui il rock è dominato esclusivamente da uomini (seppure dall'aspetto ambiguo), un gruppo di sole donne in grado di comporre e suonare le proprie canzoni tutte da sole sarebbe stata una rivoluzione a prescindere dall'età adolescenziale delle sue componenti.
"The Runaways" realizzato in appena due settimane, contiene per lo più brani presenti nel demo inciso solo qualche mese addietro, debitamente ri-registrati dalla nuova formazione. È una continua esplosione di energia. Non si era mai sentito niente del genere da ragazze: un hard-rock tirato, potente e pesante. Le chitarre suonano come quelle dei Led Zeppelin e dei Black Sabbath, la voce, aggressiva e spavalda, parla di sesso e di una vita guidata dalla sete di esperienze. A completare il suono di un disco davvero ottimo, ci sono gli ammiccanti giri di basso suonato da Nigel Harrison (già al lavoro con i Silverhead e poi neiBlondie): nonostante la Fox venga accreditata, in realtà era stata allontanata da Fowley dalle sessioni in studio.
Brani come "You Drive Me Wild", "Blackmail", la cover di "Rock & Roll" deiVelvet Underground e "American Nights" hanno tutte le carte in regola per essere dei singoli di successo e non far passare inosservato il disco. Sono brani in cui i graffi delle chitarre non si risparmiano, così come non si risparmia nemmeno su linee vocali orecchiabili. I testi, poi, sono uno schiaffo a puristi e ingenui perché è diventato chiaro che le ragazze hanno le stesse voglie e le stesse energie dei maschi, che non sono tanto più pulite dei ragazzi. Ed è l'introduttiva "Cherry Bomb" a diventare negli anni una pietra miliare del rock. Un brano tirato e coinvolgente, musicalmente aggressivo, ma allo stesso tempo orecchiabile. D'altronde, come fa a non esserlo? Partendo innanzitutto dall'ovvia associazione del nome della cantante (CHERIE Currie) con il titolo del brano ("CHERRY Bomb"), l'ascoltatore non può scindere quello che sta ascoltando (versi come "Down the streets I'm the girl next door/ I'm the fox you've been waiting for", la strofa: "Hey street boy, want your style/ Your dead end dreams don't make you smile/ I'll give ya something to live for/ Have ya, grab ya 'til you're sore" o il ritornello "Hello world, I'm you wild girl/ I'm your ch-ch-ch-ch cherry bomb") dall'immagine di una ninfetta inlingerie.
L’impatto culturale tra i coetanei è fulmineo: significa che tutto è possibile, che qualsiasi sedicenne può fare musica, incidere dischi e diventare famoso. Ora qualsiasi ragazza può imbracciare una chitarra perché, con un tale precedente, non c’è molto più da temere: i limiti sono stati spostati, le dighe abbattute e ogni forma di estremismo sessista diviene un’ulteriore linfa per la ribellione: il sesso debole ora si scopre essere una vecchia leggenda metropolitana...