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mercoledì 23 marzo 2016

zuppa di ramen.


Parliamo di comfort food...ognuno di noi ha quel piatto che soddisfa un bisogno emotivo e regala sensazioni di benessere alla mente e al corpo quando lo prepariamo e lo mangiamo..ecco, vi regalo il mio! Se sono stanca o un po' triste  preparo questa zuppa di ramen e mi torna subito il sorriso

Ingredienti

  • 150 grammi di cavolo verza
  • 2 spicchi d'aglio
  • Un pizzico di alghe nori
  • uno scalogno
  • Un pizzico di peperoncino
  • 50 grammi di funghi champignon
  • 50 gr di germogli di soia 
  • 50 gr di germogli di soia 
  • 400 ml di brodo 
  • 2 cucchiai di salsa di soia
  • Una confezione di tofu al naturale
  • 300 grammi di noodles ramen.
  • 100 gr di gamberi 
  • Un pezzo di zenzero tagliato a striscioline
Mettete le alghe nori in un bicchiere pieno d'acqua per farle reidratare.Cominciate con il preparare il brodo e una volta che sarà pronto versateci dentro 1 cucchiaio di salsa di soia e un pizzico di peperoncino. Successivamente in una pentola antiaderente fate cuocere il tofu tagliato a fette e i germogli di soia, i funghi, la verza tagliata a striscioline, l'aglio e lo scalogno, i gamberi con la salsa di soia fino a che non risulteranno ben cotti. Salate con moderazione. Nel frattempo preparate anche la pasta facendola cuocere nel brodo. Una volta pronta, mettetela in una ciotola e poi coprite la pasta con il brodo in modo che sia quasi completamente sommersa. Avete quasi finito! Adesso dovete solamente guarnire il vostro Ramen con il resto degli ingredienti che avete saltato in padella e le alghe nori.
Song: "Me and Bobby McGee" Janis Joplin



“I’d trade all of my tomorrows, for one single yesterday”. Non è William Shakespeare, e non è John Keats: siamo nel 1969, e il poeta è Kris Kristofferson. Un anno più tardi la sua donna, una certa Janis Joplin, gli “ruba” la canzone, cambia la Bobbie del titolo nel maschile Bobby, e grazie alla sua voce, alla sua grinta, alla sua disperazione, regala questo pezzo alla storia della musica, proprio pochi giorni prima di morire, come se la sua richiesta di scambiare tutti i suoi domani con un singolo ieri fosse stata accolta.
In  Me and Bobby McGee l’atmosfera sembra emergere da un romanzo di Jack Kerouac: “Ero stesa, sfinita, a Baton Rouge, aspettando un treno. Mi sentivo sbiadita come i miei jeans, Bobby faceva autostop, e proprio prima che piovesse un diesel ci portò fino a New Orleans”. Nei ricordi della protagonista la musica ha immediatamente un ruolo importante: “Ho tirato fuori la mia armonica dalla mia sporca bandana rossa, stavo suonando piano mentre Bobby cantava pezzi blues, tenendo il tempo dei tergicristalli sul parabrezza”. La leggerezza della vita on the road di questi due vagabondi (“Tenevo la mano di Bobby nella mia, cantavamo ogni canzone che conosceva l’automobilista”) comincia a sfumare in un grido nostalgico (“Libertà è soltanto un’altra parola per non lasciar perdere niente, niente significa niente se non si è liberi”) fino a sottolineare un presente infelice (“Sentirsi bene era facile, quando lui cantava pezzi blues, e tu sai che sentirmi bene era abbastanza buono per me”).
E così, nel ricordo delle miniere del Kentucky, o del sole della California, dove Bobby condivideva i segreti dell’anima della protagonista, arriva finalmente il momento della separazione: “Un giorno vicino Salinas l’ho lasciato scivolare via, lui stava cercando quella casa, e spero che l’abbia trovata”. Dopo l’ultimo ritornello la canzone si lascia andare dapprima ad una disperata malinconia, ma lentamente sale di intensità, si abbandona all’ebbrezza del ricordo, rappresentato da un irrefrenabile e meraviglioso assolo di pianoforte: chissà Janis se sarà valsa la pena di viverlo, quel singolo ieri...














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