Pagine

domenica 23 aprile 2017

Orecchiette piccanti con mozzarella di bufala e verdure



La ricetta di questa domenica è perfettamente abbinata alla band che l'accompagna, un mix di fresco, cremoso, saporito e piccante che stuzzichera il vostro palato!

Ingredienti:
  •      350 g orecchiette
  •      10 pomodorini piccadilly
  •      1 spicchio d’aglio
  •      6 filetti di acciughe sott’olio
  •       150 g mozzarella di bufala
  •       olio d’oliva EVO
  •       1 cucchiaio abbondante di granella di mandorle
  •       10 asparagi
  •       sale q.b.
  •       peperoncino q.b.
  •       pepe q.b.


Tagliate gli asparagi in piccoli pezzi e metteteli a bollire in acqua salata. Mettete a bollire l’acqua per le orecchiette. Nel frattempo tagliare l’aglio a fettine sottili e mettetelo a soffriggere in padella a fuoco basso, con i filetti di acciughe e un filo d’olio. Tagliate i pomodori a cubetti e aggiungeteli in padella. Amalgate bene il tutto e una volta cotti aggiungete gli asparagi e un mestolino di acqua di cottura della pasta. Quando il sughetto si sarà ben amalgamato aggiungete il peperoncino ( a ognuno la sua quantità ideale..se vi piace piccante, abbondate altrimenti ne basta un pizzico!) Far cuocere le orecchiette e una volta pronte travasatele nella padella col sugo e aggiungete la mozzarella spezzettata grossolanamente con le mani. Fate saltare per qualche secondo e servite aggiungendo la granella di mandorle..

Song: "The Lemon Song" Led Zeppelin



L’uscita di “Led Zeppelin I” aveva lasciato dietro di se un eco di consensi notevole: l'album d'esordio dell'omonima band era andato ben oltre il successo sperato, portando il quartetto britannico da un relativo anonimato alla fama mondiale in poche settimane. Dal momento che gli Zeppelin, primo fra tutti il loro manager Peter Grant, sapevano bene che la potenza e la personalità della band si esprimevano soprattutto negli spettacoli dal vivo, il periodo successivo l'uscita del primo disco fu seguito da un'epopea di concerti tra Europa e Stati Uniti. In particolare, da giugno ad agosto gli Zeppelin si esibirono in quattro tour europei e tre negli States, per decine e decine di date, talvolta più di una in un giorno. Fu in quel periodo di iperattività che "Led Zeppelin II" , il secondo album in studio della band di Jimmy Page, venne composto e registrato. Rispetto al primo disco, che a quanto ci dice lo stesso Page era stato registrato in appena 30 ore, per questa seconda fatica occorsero circa otto mesi di lavorazione, spezzettati tra le interminabili date ed i conseguenti viaggi in pullman ed in aereo, le sbronze, le groupies e tutto il resto. Tutto questo “movimento” rende Led Zeppelin II probabilmente il miglior disco del primo periodo, il "vero" disco d'esordio dei Led Zeppelin. Le basi rimanevano blues, ed ancora anzi più di prima Page e Plant attingevano a piene mani dal solito bacino musicale. Per usare un eufemismo, a dire il vero: titoli, testi, melodie vennero "saccheggiati" un po' ovunque ai soliti bluesman di fiducia, rielaborati o perfino riproposti pari pari. Un giochino che costò agli avvocati della band tanta fatica e tanti soldi, cause spesso vinte ed altre giustamente perse, come quella con Willie Dixon. Tutto ciò non significa che Led Zeppelin II fosse un album derivativo, anzi. La sua personalità è unica e si distacca totalmente dalle fonti di ispirazione. Ma soprattutto, usando un minimo di senno di poi, o anche solo approfondendo l'analisi di quel particolare periodo storico e culturale, musicalmente parlando, "rubare" impudicamente dal repertorio di autori classici non fu  affatto un errore da parte dei Led Zeppelin, e nemmeno una grande infamia. Andrebbe infatti ricordato che tra la fine degli anni '60 e tutti gli anni '70 era pressoché la regola avere qualche causa aperta per plagio (nel blues poi, era quasi tradizione), ed ogni band o artista che si rispettasse era costantemente impegnata in un lavoro di revisionismo atto a cercare nel passato la chiave per il futuro. I Led Zeppelin quella chiave l'avevano trovata, ed è in virtù di ciò che il costante confronto con i capisaldi storici del loro sound era stato non solo necessario, ma essenziale, per loro e per il rock. Insomma, plagio o no, Led Zeppelin II è un album riuscito in pieno, come dimostrano sia le vendite, sia l'immortalità di molti dei suoi brani. Le ragioni di un così buon lavoro in un contesto tanto caotico sono molteplici, e vanno ricercate tanto nelle persone che vi lavorarono quanto negli spazi e nei tempi in cui dovettero agire. Il primo motivo è presto detto: i concerti live. Fu proprio il continuo lavoro sul palco l'energia ed il nutrimento per il secondo album, nulla di cui stupirsi per una band che aveva fatto della sua capacità di fomentare il pubblico la propria carta di identità. Fin dal primo album, addirittura lo studio di registrazione veniva preparato da Page allo scopo di catturare una sonorità che sembrasse suonata dal vivo. Grazie al continuo suonare davanti ad una folla inneggiante, grazie alle baldorie, grazie al sesso ed agli eccessi, Led Zeppelin II risente di una purezza, di una grezza e genuina potenza che esprime esattamente quello spirito che i 4 rappresentavano, e che tenevano a far cogliere al loro sempre più vasto pubblico; anche le improvvisazioni sul palco e le sperimentazioni estemporanee di quelle serate indiavolate, avrebbero profondamente segnato la personalità dell'album, rendendolo unico e maledettamente graffiante. Un altro  motivo che contribuì a rendere l'album quasi perfetto e degno di essere considerato il "vero disco d'esordio degli Zeppelin", fu la partecipazione. Con questo termine intendo sia l'affiatamento tra i quattro musicisti britannici che una più generica alchimia tra di loro, ma soprattutto una oggettiva partecipazione di ognuno di essi alla realizzazione di ogni aspetto del disco. Se infatti i Led Zeppelin erano ancora la "creatura" di Jimmy Page, è anche vero che le intense settimane e mesi passati a suonare insieme, fin dalla primissima formazione come New Yardbirds, avevano creato un profondo spirito di corpo, una maturazione artistica sia individuale che collettiva che non si sarebbe fermata fino alla morte di Bonzo. A differenza del primo album, su Led Zeppelin II non c'è un solo brano scritto unicamente da Page; tutti i pezzi vedono la partecipazione alla composizione di almeno uno dei membri del gruppo oltre a Jimmy, talvolta Robert Plant, ma più spesso tutta la band, nessuno escluso. Tutto ciò, fatta eccezione per Bring It on Home, attribuita al solo Willie Dixon, anche se giustamente rivendicata anche dagli altri Zeppelin in successive versioni.
L'album contiene molte metafore sessuali. Robert Plant dice: "Led Zep II era molto virile. Quello era l'album che stava per dire se avevamo o meno il potere di mantenimento e la capacità di stimolare. Era ancora blues-based, ma era un approccio molto più carnale alla musica e piuttosto brillante. È stato creato in corsa tra camere d'albergo e le GTO, e questo direi che è abbastanza.. '". Ad aprire il disco, una brevissima risata e un semplice riff di tre sole note. Saranno proprio quelle tre note a far entrare i Led Zeppelin nella leggenda. Il brano è "Whole Lotta Love", destinata a diventare uno degli inni per antonomasia del rock. Sorretto quasi totalmente da quel riff, evolve nella parte centrale in un baccanale rumoristico, tra percussioni tempestose, deflagranti distorsioni di chitarra e le urla viscerali e istintive di Plant. ecco le palesi "scopiazzature": la opener è ripresa da "You Need Love" di Willie Dixon (1962), e il terzo brano "The Lemon Song", blues lento e pesante, ma dalle improvvise impennate hard, da "Killing Floor" di Chester Burnett alias Howlin' Wolf. Il testo presenta ancora tendenze misogine, citando una celebre metafora sessuale di Robert Johnson: "Strizza il mio limone/ fino a quando non mi scende il succo lungo le mie gambe/ Se non strizzi il mio limone/ ti caccerò a calci dal letto". A questo testo si oppone quello di "Thank You", ballata con organo in evidenza, in cui Plant, nel primo testo scritto per il gruppo, omaggia la moglie. Il primo lato è completato dalla delicatezza acustica di "What Is And What Should Never Be", in cui emergono anche tendenze jazzistiche.Il lato B si apre con un altro capolavoro, "Heartbreaker", bignami per ogni successivo chitarrista, grazie all'assolo centrale privo di accompagnamento, che sperimenta uno dei primi tapping della storia. Sorvolando sulla piacevole e aggressiva "Living Loving Maid (She's Just a Woman)", le ultime tre perle dell'album sono le arrembanti "Ramble On" e "Bring It On Home": semi-folk la prima, in bilico tra languori acustici e scatti hard-rock, e blueseggiante (con tanto di armonica a bocca suonata da Plant) la seconda, e, tra queste due, lo strumentale "Moby Dick", contenente uno degli assoli di batteria più celebri della storia… Il design della copertina fu opera di David Juniper, al quale la band aveva semplicemente chiesto di "tirare fuori un'idea interessante". Juniper era un ex compagno di studi di Page alla Sutton Art College nel Surrey.La grafica della copertina si basò su una fotografia della Divisione Jagdstaffel 11 della Luftstreitkräfte durante la prima guerra mondiale, la famosa squadriglia volante capitanata dal celebre "Barone Rosso". Dopo aver colorato la foto, le facce dei quattro membri della band furono aerografate sui volti originali presi da una pubblicità del 1969. Gli altri visi aggiunti, secondo Juniper, furono Miles Davis o Blind Willie Johnson, un amico di Andy Warhol (possibilmente Mary Woronov) e l'astronauta Neil Armstrong, anche se in realtà si tratta dell'astronauta Frank Borman.

2 commenti:

  1. il tuo blog è veramente originale, mi piace molto l'idea di accoppiare cibo e musica..ogni domenica aspetto la nuova ricetta con la recensione, complimenti anche per la ricerca musicale! Stefano

    RispondiElimina