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domenica 30 aprile 2017

Spaghetti di farro con salsa di melanzane, ceci e patate viola.



Primo piatto molto sostanzioso e "completo" in quanto unisce cereali e legumi.
E’ una piatto ideale per le persone che soffrono di anemia,  i ceci infatti sono legumi ricchi di ferro. 
Per preparare questa ricetta ho usato la pasta di farro che ben si abbina alla cremosità della salsa.

Ingredienti per 4 persone:
  • 500 gr di spaghetti di farro
  • due melanzane viola
  • due patate viola
  • una cipolla di tropea
  • una scatola di ceci cotti
  • due spicchi d'aglio
  • un pomodoro medio
  • timo, rosmarino e maggiorana in polvere (o tritati)
  • olio extravergine d'oliva
  • sale
  • 2 cucchiai di pinoli
Sbucciate le melanzane, tagliatele a fette, adagiatele su un piatto, cospargetele con poco sale grosso e fatele spurgare per mezz'ora. Lavate e sbucciate le patate, mettetele a bollire per 20 minuti. Trascorso il tempo necessario sciacquate bene le melanzane sotto l'acqua corrente, asciugatele con un panno carta e tagliatele a cubetti. Scolate le patate e schiacciatele con lo schiacciapatate. Mettete da parte. Tagliate la cipolla, i due spicchi d'aglio e il pomodoro, aggiungete le erbe aromatiche (mescolare mezzo cucchiaino di ognuna)  le melanzane e far appassire tutto a fuoco basso in una padella ampia, con due cucchiai di olio evo. Dopo cinque minuti dalla cottura aggiungete i ceci in scatola e mezzo bicchiere del loro liquido. Aggiungete poco sale (assaggiare sempre!!) Continuare a cuocere fino a che le melanzane non si sono ammorbidite, poi trasferite tutto nel barattolo del mixer , formate una crema alla quale aggiungerete i fiocchi di patate viola mescolando. Versate la crema nella padella  . Cuocete la pasta, scolatela e saltatela assieme alla crema di melanzane e patate viola, cospargete con un paio di cucchiai di pinoli e servite con un filo d'olio...

Song: "White Riot" The Clash

Ad inizio 1977 i The Clash firmano un contratto da centomila sterline con l’etichetta CBS Records, e pubblicano il loro primo album, prodotto dal fonico Mickey Foote,  intitolato semplicemente “The Clash”. Il disco è composto da quattordici brani ed il successo, sia di vendite che di critica, fu eccezionale, brani brevi ma che arrivavano sempre dritti all’obiettivo, schiettezza contornata da ottimo sound, ed alcune della canzoni presenti sono ancora oggi considerate dei veri inni del punk rock. “The Clash”insieme alla tardiva e differente versione americana del 1979, mette in musica lo “scontro” profetizzato dalla band. La vecchia Inghilterra viene invasa da frenetici accordi al limite dell’elementare e messa completamente sottosopra da una banda di musicisti sboccati e rivoltosi. Il rock and roll, ripulitosi progressivamente dopo gli anni 60, può tornare, così, a sprigionare un nuovo alone di irriverenza, alimentata dal vorticoso furore punk.
Il lavoro d’esordio dei Clash riesce a fotografare al meglio  cosa significava essere giovani negli anni settanta in inghilterra: parla di noia, di crisi d’identità, brutalità di un ambiente moderno dominato dal cemento, droghe, disoccupazione, disinganno, frustrazione, esclusione. Le parole usate nei testi sono fortemente evocative: wops (immigrati), skag (sigaretta ma anche eroina), pacchi bomba, repressione .I Clash chiamano alle armi la loro generazione di guerriglieri urbani, aizzandoli con la promessadi una “White Riot” (singolo di debutto ispirato dalle rivolte del Notting Hill che avvennero nell'agosto del 1976, quando Joe Strummer e Paul Simonon sono stati testimoni e protagonisti attivi del caos.)“London’s Burning” che, su un riff impastato, diventa il vero manifesto dell’infuocato anno londinese.
Su questi veloci pilastri sonori si regge l’intero album che, così, è libero di allargarsi con il suo stile selvaggio e dinamitardo. I Clash sembrano divertirsi a smontare e rimontare il vecchio rock and roll quando partono brani che assomigliano a sgraziate e irriverenti marcette: il rullante di “Janie Jones”, la caracollante “Remote Control” forte critica verso la polizia ed i loro metodi violenti adottati verso il pubblico durante i concerti punk; e, ancora meglio, il pirotecnico finale corale di “Complete Control”. dove sfogavano la loro rabbia verso l’industria discografica ed il suo potere dominante.
Strummer e Jones riescono a confezionare un sound spartiacque che lega indissolubilmente la lezione di un tempo con il futuro che avanza..hanno nelle mani la pala per seppellire ciò che è stato per trasformarlo in ciò che sarà.  La Lennon-McCartney del punk, tuttavia, non è soltanto un continuo assalto sonoro, ma riesce addirittura a non rimanere intrappolata nella sua stessa rabbia di tre accordi. I Clash, a differenza dei Pistols, hanno nel sangue il senso melodico (“Hate And War”) e, soprattutto, la voglia di sperimentare strade diverse.
E’ qui che, in The Clash, si incontra il sole fumoso di Brixton e il suo reggae pulsante che contamina splendidamente “(White Man) In Hammersmith Palais” e la cover di Junior Marvin/Lee Perry “Police And Thieves”, che vive quasi una vita propria grazie al groove del basso di Simonon. disco che sfiora la perfezione grazie ad un’ineccepibile parte strumentale e la voce graffiante di Joe Strummer che formarono un binomio inattaccabile. I loro ideali guardavano sempre alla parte debole del popolo, sentendosi così portavoce della classe disagiata inglese di quel periodo, e la loro sfrontatezza nell’esprimere chiaramente i propri ideali portò anche dei problemi.
Dopo la registrazione di The Clash il batterista Terry Chimes abbandonò il gruppo, tant’è che nella copertina di questo disco sono presenti solo gli altri tre membri; dopo una serie di provini fu assunto Nick “Topper” Headon alle bacchette, per poi rimanerci a lungo.
Un disco, quindi, che segna la sua epoca, entusiasticamente riassunto da Pete Silverton di “Sounds”: “Credo che i Clash debbano a buon diritto sedersi al tavolo dei Beatles e degli Stones. Se non ti piace 'The Clash', non ti piace il rock and roll”.







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